Salviamo i nostri Marò

Salviamo i nostri Marò
I nostri due militari devono tornare a casa

Siamo contro ogni genere di Discarica nel nostro Territorio!

sabato 31 ottobre 2009

NON FATE FESTEGGIARE HALLOWEEN AI VOSTRI RAGAZZI !







Prima di partecipare alla festa di Halloween, è opportuno informarsi sulle origini, la natura e le implicazioni di essa. «Dolcetto o scherzetto» è la formula magica che imperversa per le nostre strade nella notte di Ognissanti.
Dobbiamo temere i ragazzetti che scendono per le strade vestiti da mostriciattoli?
Croci contro zucche?
Nessuna battaglia, ma una semplice comprensione del senso vero e profondo della santità a cui siamo chiamati e a cui il Papa spesso ci richiama.
Occorre essere consapevoli che è a partire dalle piccole cose che viene manipolata la nostra cultura e censurata la nostra storia, stordendo l'uomo con l'oppio del magico e dell'inconsistente.
Viviamo nell'epoca e nella logica del «che male c'è in fondo…». E invece c'è molto di male dietro questa festa che appare innocua, ma che, in realtà, è una festa pagana a cui si sono aggiunti elementi tratti dalla magia, esoterismo e stregoneria… il tutto mascherato in un perfetto cocktail d'ipocrisia.
Da cristiani, figli della Chiesa di Roma, diciamo NO ad una festa pagana con implicazioni nel mondo dell'occulto, ad una festa dell'ignoranza e della superstizione.
Halloween è «una finestra aperta, una porta d'ingresso all'occultismo».
C'è una chiara strategia alle spalle, che, con tatticismi e senza sospetti, vuole ingannare.
A cui si aggiunge un colossale business frutto di un'autentica pianificazione consumistico-commerciale su scala mondiale.
Dietro le maschere, le zucche, i costumi, apparentemente innocui, si nascondono molte insidie.
Halloween è la forma contratta dell'espressione inglese «All Hallows'Eve day» che letteralmente significa vigilia d'Ognissanti.
Le origini di Halloween risalgono agli antichi druidi celti che celebravano la vigilia del nuovo anno, il 31 ottobre, in onore di «Samhain», principe della morte, che veniva ringraziato per i raccolti estivi.
Si tratta del capodanno celtico ed è evidente l'origine pagana della festa. Il giorno di «Samhain» segnava, dunque, l'inizio delle metà invernale dell'anno e veniva considerato un momento magico: le barriere tra vivi e morti si assottigliavano tanto da permettere agli spiriti di tornare sulla terra e comunicare con i vivi.
Col tempo questi spiriti assunsero un connotato diabolico e malvagio.
Fu così che apparvero i simboli della morte, che poco hanno a che vedere con la iniziale ricorrenza celtica.
La leggenda irlandese dice che Jack, fabbro malvagio e avaro, dopo l'ennesima bevuta, viene colpito da un attacco mortale di cirrosi epatica.
Il diavolo, nel reclamare la sua anima, viene raggirato da Jack e si trova costretto a rinunciare alla sua anima, facendolo tornare in vita.
Jack, ignaro degli effetti della malattia, muore un anno dopo.
Rifiutato in Paradiso, Jack non trova posto neanche all'inferno a causa del patto col diavolo e allora intaglia una grossa rapa mettendovi all'interno della brace fiammante.
Con questa lanterna, Jack, da fantasma, torna nel mondo dei vivi.
Gli irlandesi, emigrati in America verso il 1850, sostituirono le rape con le zucche che divennero le «Jack o' lantern», utilizzate la notte d'Ognissanti, pensando di tener lontani gli spiriti inquieti dei morti che tentavano, come Jack, di tornare a casa.
«Trick or treat» è l'usanza del «dolcetto o scherzetto».
Il significato dell'espressione inglese è «trucco o divertimento», ma in realtà significa: «maledizione o sacrificio».
Nella notte di Halloween si chiedono soldi o cibo: se accontentati si promette prosperità e fortuna; al contrario la scherzetto diventa una maledizione alla famiglia.
Tutto questo è il presupposto della festa di Halloween: una tradizione pagana del mondo celtico, gonfiata da una leggenda irlandese, rivisitata dalla commercializzazione americana e importata in Europa e in Italia.
Ma le obiezioni cristiane a queste favole sono evidenti.

1. L'anima, dopo la morte, è nelle mani di Dio e col giudizio particolare va in Paradiso, Purgatorio o Inferno e non si fa delle passeggiate.
2. Quando l'uomo muore, il giudizio si compie solo davanti a Dio e non al diavolo.
3. Il diavolo non ha nessun potere di far tornare in vita un uomo dopo la morte, cosa che compete solo a Dio.
4. Se si fa un patto col diavolo l'inferno accoglie a braccia aperte.
5. E' superstizioso pensare di allontanare questi presunti spiriti dei morti solo con una zucca!
6. La storiellina di Halloween sviluppa e accredita pratiche occulte e magiche.
7. I morti non sono qualcosa da cui difendersi, ma per i defunti si prega, si offrono messe, si fa elemosina.

E' davvero sconcertante quello che, apparentemente nascosto, si cela dietro questa «festa» che getta blasfemia sulla festa di Ognissanti e dileggia il culto cristiano dei defunti.
Ma non è tutto.
Il 31 ottobre è una data importante non solo per la cultura celtica, ma anche per il SATANISMO.
E' uno dei quattro sabba delle streghe. I primi 3 segnavano il tempo per le stagioni «benefiche»: il risveglio della terra dopo l'inverno, il tempo della semina, il tempo della messe.
Il quarto sabba marcava l'arrivo dell'inverno e la sconfitta del sole… quindi freddo e morte.
Halloween, quindi, è una ricorrenza legata al mondo della magia.
Il mondo dell'occulto lo definisce così: «E' il giorno più importante dell'anno, è il capodanno di tutto il mondo esoterico, è la festa più importante dell'anno per i SEGUACI DI SATANA».   
Il 31 ottobre, Capodanno di Satana, notte di Sabba e di inizio del nuovo anno. In questa occasione si svolgono molte cerimonie di propiziazione, poiche si ritiene che questa sia la notte in cui ogni richiesta verrà esaudita.
Le cosiddette «streghe» restano incinte appositamente per sacrificare il neonato in quella notte.
E se vedete sparire qualche gatto nero chiedetevi il perché.
E' la notte in cui si sguazza nella divinazione, nell'astrologia, nella chiromanzia, nella medianità, nella magia, nella stregoneria, nello spiritismo, nel SATANISMO.
La festa di Halloween, quindi, è un rendere OSANNA AL DIAVOLO, il quale se adorato, anche solo per una notte, pensa di vantare dei diritti sulla persona. La festa di Halloween è una sorta di seduta spiritica presentata sotto forma di gioco: è questa l'astuzia del demonio!
Tutto questo è la versione moderna di Halloween che va ad aggiungersi a quel clima di magia che siamo costretti a subire di continuo: dai fiumi di serial televisivi in cui le streghe sono magari anche simpatiche e buone ad anni di harrypotterismo, da un oceano di riviste con richiami all'esoterismo agli amuleti e oggetti magici.
Il «paradosso di Halloween» è proprio quello di essere una festa ipermoderna nel modo di presentarsi ed iperarcaica nelle idee; rappresentare il massimo della credulità in un mondo sempre più secolarizzato.
Nella cultura di massa dove imperversa la logica della «festa per la festa» a prescindere dai contenuti, è facilmente spiegabile il successo della penetrazione di Halloween, emblema del vuoto, delle zucche, ma specialmente delle teste vuote che in esse si perdono.
Alle zucche vuote di Halloween i cristiani rispondono con le zucche piene di cultura veramente alternativa e controcorrente, che alla confusione dei fenomeni di massa, sostituisce l'intimità e il silenzio di una fede vissuta.
E' un vero e proprio scippo che la cultura cristiana sta subendo.
La progressiva scristianizzazione della festa cristiana, la ferializzazione del giorno festivo hanno dato la spinta all'introduzione di questa nuove feste anticristiane.
Ma in realtà quella di Ognissanti è una festa cristiana.
Instaurata da Papa Gregorio IV nell'840, originariamente si celebrava nel mese di maggio.
Fu nel 1048 che Odilio de Cluny spostò la celebrazione cattolica all'inizio di novembre per detronizzare il culto di Samhain.
La Parola di Dio (150 circa sono i passi ) è chiarissima al riguardo, vietando il ricorso più o meno consapevole a pratiche di superstizione e irreligiosità.
La tentazione e oppressione diabolica, descritta nel Vangelo, tenta di pervertire l'uomo rendendolo nemico a Dio.
Ma Gesù ha dimostrato la sua potenza sui demoni e ha trasmesso questa sua potenza ai suoi discepoli.
Lo stesso magistero e la tradizione cattolica che si esprime nella catechesi è chiara al riguardo.
L'unico culto da rendere è quello all'unico e vero Dio che si fa carne in Gesù Cristo.
Tutto ciò che è deviato da questo culto diventa superstizione, che ha la sua massima espressione nell'idolatria (che può arrivare al satanismo), come nelle varie forme di divinazione e magia.
La divinazione è la pretesa di conoscere e preannunciare il futuro e le cose nascoste, mediante contatti con forze occulte.
E' condannata perché nasce con un patto con il diavolo e conduce l'uomo a credere in colui che combatte la salvezza, ma il futuro non può essere previsto perché appartiene solo a Dio.
Sono in contraddizione con la fede cristiana la consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium.
La magia e la stregoneria non pretendono di conoscere invano il futuro, ma le cose occulte.
Si pretende in altre parole di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere sugli altri soprattutto per nuocere, ricorrendo all'intervento dei demoni.
Anche portare amuleti è da condannare.
La Chiesa mette in guardia anche dallo spiritismo che spesso implica divinazione o magia.
La Chiesa crede nel Dio della Luce e della Vita.
Allora una notte di Halloween piena di mostriciattoli o di fantasmi?
No, grazie!
Una notte attorno al Santo dei Santi: Gesù che porta una grande luce d'amore.
Per invocare l'unico Spirito che non porta paura o terrore.
Ci sono orizzonti di cielo per chi crede in Cristo, una Luce nella notte di Ognissanti.

Antonello Voce
Presidente di Azione Giovani Scandale

Nave dei veleni: Mistero svelato.





Nessuna nave dei veleni: solo una nave passeggeri. Per l'esattezza, ad affondare al largo delle coste calabresi di Cetraro fu la nave passeggeri Catania, costruita nei cantieri navali di Palermo nel 1906 per l'armatore di Genova Società Marittima Italiana e silurata il 16 marzo 1917, nel corso della Prima guerra mondiale, dal sommergibile tedesco U-Boat U 64 nel viaggio di ritorno sulla tratta Bombai-Napoli. E' quanto informa ufficialmente il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, nella conferenza stampa convocata con il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso nella sede della Dna, la direzione nazionale antimafia.
"In 47 giorni, a tempo di record, siamo riusciti a fare piena luce sulla vicenda -dichiara soddisfatta il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo- per non lasciare margini di ambiguità sulla sicurezza sia ambientale che alimentare. E' giusto ora rassicurare subito l'opinione pubblica nazionale e la popolazione calabrese sull'esito delle indagini su quella che non e' assolutamente una nave dei veleni ma un comune piroscafo". Il ministro ripercorre "le tappe delle indagini che ci hanno visti impegnati con la massima attenzione, dando vita presso il ministero dell'Ambiente a una task force e mettendoci a disposizione prima della Procura della Repubblica di Paola e poi della Direzione nazionale antimafia e della Direzione distrettuale di Catanzaro. Abbiamo tempestivamente informato il Parlamento e ci siamo recati in Calabria per verificare come proseguivano le indagini, a 400 metri di profonditaà, garantendo un mezzo adeguato, la nave 'Mare Oceano' costato 40 mila euro al giorno".
Proprio a tale proposito, la Prestigiacomo esorta in futuro a "seguire vicende simili con più prudenza e con meno allarmismo. Purtroppo, si è soffiato sulla vicenda da parte di diversi sindaci e amministratori locali e si e' registrata una ostilita' a tutti i costi delle autorita' regionali calabresi contro il governo. L'invito alla cautela e alla prudenza in casi simili serve non solo a non creare allarmismi tra la popolazione ma anche a non mettere in ginocchio settori economici nevralgici come il turismo e la pesca, fermo restando che deve andare avanti la lotta contro l'inquinamento e contro le ecomafie, che considero una priorità per il governo e per il ministero che guido".
Che non si tratti di alcuna 'nave dei veleni', e' la conclusione cui sono giunte le autorità chiamate dal ministero dell'Ambiente e dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro a indagare sul relitto rinvenuto al largo di Cetraro, in provincia di Cosenza, e sul suo relativo carico. L'investigazione ha messo in luce che l'imbarcazione affondata ha una lunghezza di 103 metri con una sovrastruttura centrale, nella quale si intravedono alcune 'maniche a vento' cilindriche e non dunque bidoni con al loro interno materiale radioattivo. Inoltre, è stata rilevata la presenza di numerose cabine tipiche delle navi passeggeri e visionati anche alcuni interni, grazie al ponte in legno distrutto dal siluramento, ordinato dal comandante del sommergibile tedesco Robert Moraht.
Dal suo canto, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso rileva che "da quando e' iniziata la vicenda della cosiddetta nave dei veleni, sicuramente una vittima c'è stata: la Calabria. Si sono fermati i pescatori, si sono preoccupati gli operatori turistici, si è allarmata la popolazione locale".
Più in generale, Grasso sottolinea che "gli esiti odierni non bastano comunque a rassicurare una volta per tutte i calabresi e i turisti italiani e stranieri. Occorre un programma organico di interventi che accerti la realtà e verifichi tutte le situazioni, sia in mare che in terra, per bonifiche con uomini e mezzi adeguati. La lotta all'ecomafia non si chiude certo con la chiusura del caso Cetraro, al di là della giusta esigenza di evitare i responsabili allarmismi e negativi pregiudizi ma recuperando la fiducia nelle istituzioni".
Quanto alle dichiarazioni, rivelatesi fuorvianti, dell'ex 'collaboratore di giustizia' Francesco Fonti, il procuratore di Reggio Calabria, Pignatone le considera "palesemente inattendibili: riscontri negativi sono stati accertati per quanto riguarda questa specifica vicenda", ricordando altresì che Fonti dal 1994 godeva di un programma di protezione, poi abolito dopo una condanna a 13 anni per calunnia.
E i signori di sinistra durante la manifestazione (strumentalizzandola) facevano ricadere la colpa su Berlusconi diffondendo solo allarmismi come in ogni vicenda per creare il caos.

Giovane Italia
circolo "Giorgio Almirante"

Qui segue la mappa delle 'nave dei veleni' :




i RELITTI (numerati nella carta qui sopra) e con la “X” sono segnati i siti di altri affondamenti sospetti: 1.CUNSKY (la nave ritrovata il 12 settembre scorso a 20 miglia dalla costa calabra, al largo di Cetraro, a 480 metri di profondità); 2.MIKIGAN (affondò il 31/10/1986); 3.RIGEL (affondò il 21/9/1987); 4.ROSSO (motonave naufragata nel dicembre ’90); 5.MARCO POLO (affondata nel tragitto tra Barcellona e Alessandria il 14/3/1993); 6.KORALINE (nave tedesca affondata il 7/11/1995 al largo di Ustica); 7.ASO (nave carica di soffiato ammonico, affondò al largo di Locri nel maggio 1979); 8.ALESSANDRO I (naufragata nel febbraio 1991); 9.FOUR STAR (in viaggio tra Barcellona e Antalya, affondata nel dicembre 1988)

venerdì 30 ottobre 2009

DELEGAZIONE DEL POPOLO SAHARAWI RICEVUTA IN PROVINCIA.



Questa mattina alle ore 10.00 presso la sala Giunta il presidente della Provincia, Stano Zurlo, ha ricevuto una delegazione del popolo Saharawi. All’incontro dai toni cordiali oltre a Zurlo erano presenti il presidente del Consiglio provinciale Benedetto Proto e gli assessori Gianluca Marino e Salvatore Pane. Il popolo Saharawi è stato rappresentato da Mohamed Lamin Dadi, Governatore della Provincia di Aiun (45.000 abitanti) e da Khandoud Hamdi, rappresentante del Fronte Polisario per l’Italia. La popolazione Saharawi è costituita da gruppi tribali tradizionalmente residenti nelle zone del Sahara occidentale gravitanti sul Saqiyat al-hamra e sul Wadi al-dhahab (Rio de Oro) che, già nel corso della dominazione della Spagna, avevano cominciato negli anni trenta a reclamare la loro indipendenza. Il 14 dicembre 1960 l’Onu votò la risoluzione n. 1514 con la quale riconosceva il diritto all’indipendenza per le popolazioni dei paesi colonizzati. Nel 1963 il Sahara Occidentale fu incluso dalle stesse Nazioni Unite nell’elenco dei paesi da decolonizzare e nel dicembre di due anni dopo l’Assemblea Generale riaffermò il diritto all’indipendenza del popolo Saharawi, invitando la Spagna a metter fine alla sua occupazione coloniale. Alle istituzioni provinciali i rappresentanti Saharawi hanno riferito dell’attuale situazione del loro popolo. "La democrazia – ha dichiarato Zurlo- riguarda il progresso dei popoli e l’autodeterminazione è un diritto sacrosanto. Dal canto nostro ci impegniamo ad essere vicini al popolo Saharawi. Con le nostre rappresentanze politiche nazionali ed europee oltre che governative ci faremo promotori di iniziative mirate ad un rapporto di amicizia e di vicinanza. Siamo disponibili ad un gemellaggio tra le province di Crotone e Aiun". "Presto –ha assicurato il presidente del Consiglio Benedetto Proto- porteremo nell’assise proprio una mozione mirata a concretizzare un gemellaggio ed un atto di amicizia con il popolo Saharavi". Al termine dell’incontro c’è stato uno scambio di doni tra i rappresentanti istituzionali seguendo la ocnferenza stampa nella sala Azzurra.

Giovane Italia
circolo "Giorgio Almirante"

giovedì 29 ottobre 2009

VISITA DEI RAPPRESENTANTI DEL POPOLO SAHARAWI A CROTONE.







Venerdì 30 Ottobre alle ore 11.30, nella sala Azzurra della provincia, la Giovane Italia ed il Vice Presidente Vicario del PDL On. Salvatore Pacenza, incontra in una conferenza stampa aperta al pubblico una delegazione del popolo Saharawi.
Da sempre, la Giovane Destra italiana ha sposato la causa del Sahara Occidentale, il più grande territorio non indipendente al mondo.
Da circa 20 anni i Saharawi hanno abbandonato la strada del terrorismo e firmato il cessate il fuoco con il Marocco, stato che occupa militarmente i territori del Sahara Occidentale, in attesa di una soluzione pacifica. Ma si sa le vie diplomatiche sono sempre le più lente e i Saharawi ancora oggi non hanno la possibilità di tornare nelle loro città e di vivere da uomini liberi nei propri territori.
La comunità crotonese della Giovane Italia ha stretto forti legami con il popolo Saharawi, anche grazie all’esperienza di Gianfranco Turino, componente dell’esecutivo nazionale di Azione Giovani, che a Natale dell’anno scorso ha partecipato alla missione internazionale “Merry Saharawi” organizzata dal Modavi onlus e svolta proprio nei campi profughi dei Saharawi in Algeria.
Non si può non guardare con simpatia ai fratelli Saharawi, un popolo fiero ed orgoglioso che pratica un Islam molto moderato e che ha costruito una società a misura d’uomo in cui si valorizza il ruolo delle donne e degli anziani. Una società, quella Saharawi, con cui si può facilmente costruire un dialogo che faccia da barriera all’estremismo e al fanatismo religioso.

Fabio Federico
Presidente Provinciale di Giovane Italia Crotone

L'associazione Scandale nel Cuore scrive all'amministrazione provinciale di Crotone.





L'associazione Scandale nel Cuore, con a capo Iginio Pingitore, si rivolge all'amministrazione provinciale di Crotone, per segnalare il degrado in cui versa la strada statale 107 bis, con una lettera diretta al presidente della Provincia di Crotone Stano Zurlo, al consigliere Giuseppe Frandina ed all’ assessore alla viabilità, ing. Salvatore Cosimo.
Ecco le richieste:

Nei pressi di Scandale, precisamente in località Giammiglione lungo la strada provinciale giacciono da tempo rifiuti ingombranti e spazzatura di ogni genere: carcasse di lavatrice e frigoriferi, buste e sacchetti di plastica, bottiglie, insomma una piccola discarica che aumenta di giorno in giorno e che necessita al più presto un intervento.
Sempre sulla strada statale 107 bis , giace da alcuni mesi, una carcassa di automobile bruciata proprio ai margini della strada , il vecchio veicolo abbandonato da ignoti esprime un’immagine pessima e di degrado. Il degrado è un male contagioso e tra la popolazione le cattive abitudini prendono subito piede , ed a Scandale fino ad oggi era difficile trovare lungo la strada situazioni simili, anche se si è sempre più convinti che il deposito di questi rifiuti, specialmente in località Giammiglione, probabilmente provengono dalla vicina Crotone.
Necessita, quindi, una pulitura sui bordi della strada dove crescono erbacce e sterpaglie di ogni genere. Con grande urgenza, andrebbe cambiata la segnaletica stradale, la quale risulta essere in uno stato pessimo, sono tanti i segnali stradali arrugginiti che non vengono sostituiti da oltre 30 anni, alcuni addirittura crivellati da colpi di arma da fuoco e usati nel passato come bersagli, insomma l’entrata dei centri collinari del crotonese dà subito all’automobilista un’immediata immagine di degrado, necessita, pertanto un urgente intervento straordinario per evitare un ulteriore deturpamento della suggestiva collina che rappresenta ancora una bella immagine di macchia mediterranea.
Inoltre, la strada presenta gravi deformazioni e buche che rappresentano un serio pericolo per gli automobilisti che percorrono la stessa.


"Non c'è alcuna intenzione di screditare o di attaccare l'amministrazione provinciale" - sottolinea il presidente Iginio Pingitore - "Tuttavia corre l’obbligo fornire alcune utili osservazioni, le quali a parere del movimento scandalese danneggiano i cittadini residenti a Scandale e dei paesi vicini dando una brutta immagine del territorio provinciale", infatti anche i componenti dell' associazione hanno dimostrato la loro fiducia nei confronti dell’Ente intermedio, il quale provvederà tempestivamente nei lavori di ripulitura ed in seguito per la manutenzione e riparazione del manto stradale.


Giovane Italia
circolo "Giorgio Almirante"

Il Consigliere Comunale Nicola Bresci ammesso al corso di formazione “Governance Locale ed Unione Europea” organizzato dal PORE, struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.



Nicola Bresci, Consigliere Comunale a San Nicola dell’Alto per il Popolo della Libertà è stato ammesso al corso di formazione per giovani amministratori locali Governance Locale ed Unione Europea organizzato dal PORE, struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei Ministri alle dipendenze del Ministro per gli Affari Regionale, on. Raffaele Fitto.
Al corso partecipano 150 tra Sindaci, assessori e consiglieri dei Comuni e delle Provincie d’Italia con meno di 45 anni.
Il corso permette agli amministratori locali di approfondire le proprie conoscenze sui meccanismi di partecipazione alle politiche comunitarie, alle opportunità di finanziamento offerte dall’Unione Europea e su tematiche di grande attualità quali quelle della valutazione delle politiche pubbliche e del federalismo fiscale.
Il corso si svolge da ottobre a febbraio presso il DIPES – Dipartimento di Istituzioni Pubbliche, Economia e Società dell’Università degli Studi “Roma Tre” con il supporto organizzativo dell’ANCI e dell’UPI (Unione delle Provincie Italiane).
Lo stesso è strutturato in 10 moduli tematici per un totale di 124 ore, con uno stage finale a Bruxelles , presso le Istituzioni Comunitarie, della durata di 16 ore.
Oltre alla formazione in aula che si svolgerà ogni settimana a Roma presso il DIPES, il corso prevede laboratori di progettazione dal taglio fortemente operativo. Per i politici partecipanti questa rappresenta una duplice occasione, di formazione ma anche di costituire reti tra amministratori, per poter sfruttare al meglio le competenze che il corso di formazione offre.
Un corso rivolto soprattutto ad amministratori giovani, visto che il 50,67% dei partecipanti ha meno di 30 anni e l'età media è di 36.
Durante l’inaugurazione del corso la dr.ssa Antonella Galdi, Responsabile dell'ANCI, ha dichiarato che “i giovani italiani sono convinti delle capacità amministrative dei propri coetanei. In base ad una recente indagine effettuata dalla Fondazione ANCI Cittaitalia, ben il 41% di loro ritiene che i rappresentanti politici under 35 potrebbero agire meglio rispetto ai più maturi”.
In questo modo i politici diventano protagonisti consapevoli sia nel governo del territorio, sia nel confronto con gli adempimenti amministrativi dei propri tecnici, in particolare alla luce delle nuove regole dettate dal federalismo fiscale e dalle nuove riforme amministrative.
Per il giovane consigliere sannicolese, candidato a sindaco nelle elezioni comunali di giugno 2009, Il corso rappresenta un momento formativo importantissimo, soprattutto per le tematiche che spaziano su temi di grande attualità, con illustri nomi del mondo accademico.
Nicola Bresci, consigliere per il Popolo della Libertà, aveva poche settimane fa presentato insieme ad altri componenti della minoranza una mozione volta alla pubblicazione degli atti del Comune su internet, ma la stessa è stata bocciata dai consiglieri del Partito Democratico, che non hanno voluto improntare la loro amministrazione sui principi di trasparenza e partecipazione popolare.


PDL - SAN NICOLA DELL’ALTO.



mercoledì 28 ottobre 2009

Pagine di Storia ...



28 Ottobre 1922
La Marcia su Roma

La Rivoluzione delle Camicie Nere




Il 22 ottobre 1922 Benito Mussolini aveva già pronto il proclama per il momento dell'insurrezione. Gli mancava solo una prova per verificare la possibilità di spostare un numero sufficiente di uomini per ferrovia, concentrandoli alle porte di Roma. A questo scopo aveva una quinta colonna in una posizione chiave nel governo Facta: Vincenzo Riccio, responsabile delle Ferrovie dello stato. Riccio acconsentì a fornirgli i treni necessari a trasportare le camicie nere.
Mussolini decise di convocare i fascisti a Napoli per un congresso da tenersi il 24 ottobre, quale prova generale della marcia su Roma. Là sperava di saggiare la reazione delle autorità romane alla sua offerta di assunzione del potere. A Napoli arrivò poco dopo la mezzanotte del 24 ottobre, accompagnato dai tre fedelissimi Marinelli, Michele Bianchi (Belmonte Calabro - Cosenza) e Acerbo. Alla stazione c'erano ad attenderli due quadrumviri, Balbo e De Bono, eccitatissimi, che li accompagnarono all'albergo Vesuvio per preparare la marcia su Roma. La prima parte del piano stava funzionando bene. C'era stato qualche dubbio sulla situazione dei treni, ma Riccio, come promesso, aveva ormai consegnato i treni speciali che stavano arrivando senza incidenti da tutte le parti d'Italia. Il teatro San Carlo era stato decorato con bandiere fasciste e vessilli. Quando Mussolini, che indossava camicia e pantaloni neri e ghette grigie, fece il suo ingresso, un trombettiere suonò l'attenti: i capi fascisti e i notabili napoletani intonarono Giovinezza! «Noi fascisti» disse Mussolini poggiando le mani sui fianchi e sollevando la testa «non intendiamo arrivare al potere dalla porta di servizio ... ». Le camicie nere con il petto ricoperto di medaglie sollevarono i loro elmetti della Grande Guerra. «Noi fascisti non intendiamo rinunciare alla nostra formidabile primogenitura d'ideali per una miserabile porzione di minestra ministeriale».
Nel pomeriggio circa sessantamila fascisti guidati dai loro gerarchi sfilarono per le vie di Napoli spazzate da una pioggia sottile. Nella luce declinante del crepuscolo, con un ultimo raggio di sole che illuminava le nuvole scure, Mussolini parlò alle milizie fasciste radunate nell'enorme piazza. «Io vi parlo con tutta la solennità richiesta dal momento; o ci daranno il governo, o ce lo prenderemo calando su Roma. Non è questione di giorni, ma di ore. » Mussolini portava di traverso sulla camicia nera una splendida fascia con i colori giallo-rossi di Roma. A poco a poco riecheggiò per tutta la piazza un coro ritmato: «Roma! Roma! Roma!». Quella notte, nella camera dell'albergo Vesuvio, Mussolini informò i suoi generali sugli ultimi dettagli del piano operativo. Alla mezzanotte tra il 26 e il 27 il comando sarebbe passato al quadrumvirato, cui tutti i fascisti avrebbero dovuto prestare obbedienza senza discutere. Alla mezzanotte tra il 27 e il 28 si sarebbe proceduto alla mobilitazione dell'intera milizia con l'ordine di impadronirsi degli edifici pubblici delle principali città italiane, ovunque fosse stato possibile. Contemporaneamente tre colonne di uomini si sarebbero concentrate nei punti di partenza della marcia vera e propria: a Tivoli, una trentina di chilometri a est della capitale, sulla via Tiburtina; a Monterotondo, sulla via Salaria, poco meno di 50 km a nord di Roma; a Santa Marinella, sulla via Aurelia, 56 km a nordovest di Roma.
Il mattino del 28 ottobre le tre colonne avrebbero dovuto marciare sulla capitale per obbligare Facta a rassegnare le dimissioni, consentendo a Mussolini di prendere il potere con un governo dominato dai fascisti. Ma gli ordini erano categorici: evitare gli scontri con l'esercito regolare; le camicie nere avrebbero dovuto dimostrare tutta la loro simpatia e il loro rispetto verso tutte le truppe regolari che avessero incontrato.
Mussolini era sicuro che la minaccia di una guerra civile avrebbe provocato una crisi di governo, consentendo al re di costituire un nuovo esecutivo a forte partecipazione fascista, compresi almeno sei ministri in camicia nera. La riunione all'albergo Vesuvio di Napoli si concluse senza particolari cerimonie: solamente poche strette di mano e qualche parola d'incoraggiamento pronunciata da Mussolini.
Si convocarono i capi regionali per consegnare loro gli ordini della mobilitazione segreta. L'Italia fu divisa in due zone, ciascuna agli ordini di un comandante di provate capacità militari. Ogni comandante ebbe venticinquemila lire e il saluto «Arrivederci a Roma». I comandanti avrebbero avuto molto da fare in tempi strettissimi: era necessario un grande sforzo per radunare i reparti della milizia fascista in tutte le zone del paese, soprattutto nel Sud; si doveva organizzare la cavalleria, creare i reparti della Croce rossa, costituire un sistema di rifornimenti, diffondere appelli per arruolare personale essenziale, come i cucinieri.
Alle due del pomeriggio del 25 Mussolini partì da Napoli alla volta della capitale. Là, in attesa del treno della notte per Milano, egli avrebbe portato avanti la cospirazione consultandosi con parecchi personaggi chiave giunti alla stazione Termini per parlare con lui.
Facta convocò una riunione del consiglio dei ministri, la maggior parte dei quali si oppose alle sue dimissioni; soprattutto Taddei, ministro della Guerra, che disse che l'esercito era del tutto pronto ad affrontare qualunque assalto fascista. Soleri, ministro dell'Interno, garantì al governo che la polizia era pronta ad arrestare i capi fascisti in tutto il paese. Invece di rassegnare le dimissioni, i ministri rimisero i loro dicasteri a disposizione di Facta, suggerendogli di fare tutto il possibile per resistere alla minaccia fascista.
Facta telegrafò a Vittorio Emanuele di ritornare al più presto nella capitale. Alle otto di sera del 27, scendendo dal treno a Roma, il re era di pessimo umore. Mostrò la sua irritazione e l'impazienza ai ministri di Facta venuti ad accoglierlo, rimproverandoli per aver permesso un tale deterioramento della situazione. A quel punto Vittorio Emanuele ribadì che Roma doveva essere difesa a tutti i costi. Nessun fascista in armi sarebbe dovuto entrare nella capitale.
Rinfrancato dalla fermezza del re, il governo sembrò deciso a resistere ai fascisti. Si piazzarono reticolati di filo spinato e postazioni di mitragliatrici nei punti strategici della città, si mise l'artiglieria pesante in postazione alle porte e in corrispondenza dei ponti sul Tevere, cavalleria e autocarri armati di mitragliatrici stazionavano intorno al palazzo reale e al ministero dell'Interno. I prefetti ebbero l'ordine di tenersi pronti ad arrestare i capi fascisti. Verso mezzanotte le notizie che giungevano al ministero dell'Interno cominciarono a farsi allarmanti: nell'Italia centrale le prefetture e le stazioni ferroviarie erano prese d'assalto dai fascisti, soprattutto a Firenze, Pisa e Perugia, dove le camicie nere erano entrate in azione in anticipo.
Preoccupato da questi sviluppi, Facta si precipitò da Taddei, al ministero della Guerra. Decisero di affidare ai militari il controllo dell'ordine pubblico, a partire dalle 12.30 meridiane del 28. Per proteggere Roma sarebbero state minate le linee ferroviarie presso i maggiori centri in prossimità della capitale, come Chiusi, Orte e Civitavecchia.
Facta andò quindi dal re con la bozza della dichiarazione dello stato d'assedio e di un proclama rivolto al popolo italiano, nel quale il governo affermava «il suo compito supremo di difendere lo stato a tutti i costi, con qualunque mezzo, contro chiunque violasse le leggi».
Facta tornò al ministero dell'Interno con l'approvazione del re e dichiarò che sarebbe rimasto al suo posto a costo della vita. «Questa è una rivolta» esclamò. «Dovremo schiacciarla». Quindi convocò una riunione del consiglio dei ministri da tenersi alle cinque del mattino presso il ministero dell'Interno, al Viminale. Cominciò a cadere una pioggia leggera.
A Milano Mussolini stabilì il quartier generale dell'insurrezione nei suoi uffici del Popolo d'Italia, dove aveva accumulato la carta da giornale per le edizioni speciali. Altre bobine di carta da giornale erano accatastate tutt'intorno all'edificio, formando barricate per la guardia armata formata da squadristi.
Un centinaio di chilometri a nord di Roma, nella città di Perugia, il quadrumvirato di Balbo, De Bono, De Vecchi e Michele Bianchi aveva stabilito il proprio quartier generale all'albergo Brufani, un edificio di mattoni rossi ornato di colonne situato nella piazza principale vicino alla prefettura. A mezzanotte del 27 il quadrumvirato emanò gli ordini per la mobilitazione generale della milizia fascista.
Molti tra i massimi gradi dell'esercito, tra i quali il maresciallo d'Italia Armando Diaz (cui si attribuiva la paternità della vittoria italiana nella Prima guerra mondiale), dichiararono immediatamente il loro appoggio alla causa fascista. Il duca d'Aosta, comandante della 3a armata e viceré sul campo in tempo di guerra, giunse a Perugia per tenersi in contatto con l'alto comando fascista.
Cinque generali dell'esercito regolare - Fara, Ceccherini, Magiotto, Zamboni e Tiby - assunsero il comando delle varie colonne fasciste che dovevano marciare alla volta di Roma da Civitavecchia, Valmontone, Monterotondo, Mentana, Tivoli e Santa Marinella. A partire dalla mezzanotte le forze fasciste erano ovunque in movimento. Sulle camicie nere di cotone, lana o seta indossate su calzoni e scarpe dell'esercito erano stati appuntati cordoncini dorati. Inquadrati in colonne con borracce, zaino e coperte arrotolate sulle spalle, i fascisti erano armati in modo eterogeneo con schioppi, fucili, rivoltelle, pugnali, bombe a mano e manganelli. Altri reparti erano stipati su autocarri scoperti forniti dall'esercito, mezzi a quattro ruote con cabine di guida scoperte che sobbalzavano pesantemente sulle strade polverose strepitando con i loro clacson. I treni furono sommariamente requisiti, al personale delle ferrovie da uomini della milizia fascista. Sui vagoni fu tracciata alla meglio la scritta “A ROMA”, oltre all'onnipresente motto "Me ne frego" e ai nomi delle squadre. Uomini in camicia nera si sporgevano dai finestrini dei vagoni agitando i gagliardetti.
I fascisti che non si trovavano sui treni o sulle strade, erano occupati ad assaltare gli edifici pubblici delle città occupando e presidiando le stazioni ferroviarie, gli uffici postali e telegrafici, le armerie, quasi sempre con il consenso delle autorità locali.
Per tutta la notte e nelle prime ore del mattino affluirono al ministero dell'Interno telegrammi che riferivano i nomi delle città e delle prefetture occupate dai fascisti o delle guarnigioni militari che fraternizzavano con le camicie nere.
Alle cinque del mattino il governo Facta si riunì al ministero dell'Interno, al Viminale. Il generale Cittadini, aiutante di campo del re, dichiarò che se non fosse stato proclamato lo stato d'assedio il re avrebbe abdicato, abbandonando il paese.
Perciò si decise di dichiarare lo stato d'assedio alle ore 12 del 28. Ma nessuno sapeva come formulare il decreto, per cui si iniziò una ricerca affannosa per trovare una copia dell'ultimo decreto del genere promulgato. Alle 7.10 del mattino i prefetti e i comandanti militari ebbero l'ordine di usare qualsiasi mezzo per impedire ulteriori occupazioni di edifici pubblici e di arrestare i capi e i promotori dell'insurrezione.
Quaranta minuti più tardi fu inviato a tutti i prefetti d'Italia un telegramma che annunciava l'entrata in vigore dello stato d'assedio a partire dal mezzogiorno del 28.
In città fu vietato tutto il traffico non militare, le truppe pattugliavano le strade principali e vennero creati cordoni intorno alla periferia della capitale. Nei dintorni di Perugia, sede del comando del quadrumvirato, le truppe dell'esercito regio accerchiarono la città, pronte a eseguire ogni ordine. Nella sala da biliardo dell'albergo Brufani i quadrumviri avevano srotolato le carte della campagna sui panni verdi dei tavoli, seguendo le posizioni delle truppe fasciste. Quando, poco dopo le 20, giunse loro la notizia dello stato d'assedio, nella sala calò un doloroso silenzio. Alle nove del mattino del 29, Luigi Federzonì, l'unico nazionalista del gruppo, telefonò a Mussolini a Milano per chiedere istruzioni. Gli fu detto che il Duce avrebbe accettato qualunque decisione il quadrumvirato avesse preso.
Ormai anche Milano, nonostante il prefetto filofascista, era saldamente nelle mani dell'esercito. Mussolini poteva circolare solo con il consenso delle forze armate che pattugliavano le strade. A un certo punto il prefetto Lusignoli fu costretto perfino a informare Mussolini che avrebbe potuto trovarsi nell'obbligo di arrestarlo.
Al ministero dell'Interno Facta era ancora in riunione con il suo governo, tentando ripetutamente di raggiungere il re per telefono. Vittorio Emanuele era stato avvicinato dai generali Dìaz, Pero e Giraldi. Questi erano riusciti a convincere il re che in caso di conflitto armato con i fascisti, l'esercito avrebbe compiuto il suo dovere, ma che forse sarebbe stato più saggio non metterlo alla prova e che non era certo che avrebbero accettato di sparare contro gli ex compagni d'arme, guidati da generali dell'esercito coperti di medaglie.
Il re era ormai deciso a non rischiare né il trono né la guerra civile. Ripeté a Facta che sarebbe stato impossibile impedire l'occupazione di Roma senza ricorrere alla guerra civile, e che molte province erano già cadute in mani fasciste.
Con uno storico dietrofront, il re rifiutò di firmare il decreto di stato d'assedio che Facta aveva preparato.
Alle 11 il governo al completo rassegnò le dimissioni. Alle 11.30 un comunicato ufficiale annunciò che lo stato d'assedio era stato revocato. Alla notizia della revoca, i fascisti di Roma cominciarono a raccogliersi davanti al palazzo del Quirinale per applaudire il re. Le camicie nere si spostavano stipate sugli autocarri sotto la pioggia sottile e ordinavano agli abitanti della città di issare il tricolore su tutti gli edifici. Le camicie nere e le camicie azzurre dei nazionalisti correvano per le strade aggrappate alle automobili aperte pigiando il clacson, mentre distaccamenti di fascisti giungevano a passo di marcia con il braccio teso nell'antico saluto romano, cantando Giovinezza! Si formò una folla di gente che osservava e commentava.
A Milano Mussolini pubblicò un comunicato in edizione straordinaria del Popolo d'Italia, nel quale dichiarava che la maggior parte dell'Italia centrale e settentrionale era nelle mani dei fascisti, che avevano occupato le prefetture e le stazioni.
Alle 16 il rappresentante monarchico di Mussolini, De Vecchi, si recò dal re. Increspando le labbra, il sovrano chiese al quadrumviro fascista se avrebbe accettato una soluzione Salandra con quattro ministeri per i fascisti. Quando Federzoni riuscì a comunicare telefonicamente con Milano, Mussolini spiegò che non aveva alcun senso mobilitare decine di migliaia di camicie nere solo per formare un governo Salandra.
Il re, che aveva letto il testo delle intercettazioni compiute dai censori sulle conversazioni telefoniche tra Mussolini e le sue coorti, sapeva come stavano realmente le cose e incaricò il generale Cittadini di inviare il seguente telegramma: « Sua Maestà il re Vittorio Emanuele III vi prega di venire immediatamente a Roma. Egli intende offrirvi l'incarico di formare un nuovo governo». Mussolini aveva le valigie già pronte.
Il Duce del Fascismo si diresse all'imponente stazione Centrale di Milano indossando un cappotto grigio nuovo, con ghette e bombetta grigie. Era la sera del 29 ottobre e pioveva ancora. Gli strilloni vendevano le edizioni straordinarie dei giornali con titoli a tutta pagina che annunciavano la caduta di Facta.
Mussolini stringeva sotto braccio un libro sulla vittoria italiana a Vittorio Veneto nella Grande Guerra: intendeva donarlo al re.
Migliaia di persone si erano raccolte nella stazione e negli immediati dintorni. Qualcuno lanciò dei fiori e gli ammiratori si sporsero dalle carrozze degli altri treni per guardare e applaudire Mussolini che si dirigeva verso l'espresso per Roma. Il fratello di Mussolini, Arnaldo, guidò una moltitudine di fascísti milanesi verso il vagone letto mentre Mussolini rispondeva ai saluti delle camicie nere in servizio sul treno e diceva al capo stazione: «Voglio partire in perfetto orario. Da oggi in poi tutto deve funzionare come un orologio». Il mattino del 30 il treno entrò a Civitavecchia. Centinaia di persone intonarono Giovinezza! I gerarchi fascisti, allineati lungo il marciapiede, urlarono: «Per Benito Mussolini, eia eia, alalà!», un saluto ripreso dai legionari fiumani di D'Annunzio, che il poeta diceva fosse stato il saluto dei seguaci di Enea al loro capo. Sulla campagna si stendeva una nebbia sottile e fredda. Mussolini si cambiò nello scompartimento, indossando abiti presi a prestito: i pantaloni neri con le bande e la giacca a coda di rondine richiesti dal protocollo, che egli indossò sopra la camicia nera e le ghette bianche trattate con talco.
Alle 10.30 il treno entrò nella vecchia stazione romana di Termini, dove lo attendeva una limousine reale.

Nel palazzo del Quirinale il piccolo re in alta uniforme, completa di sciabola, era in attesa di salutare il nuovo primo ministro. Giunto alla presenza del sovrano, Mussolini si inchinò e strinse la mano regale: « Porto a V. M. l’Italia di Vittorio Veneto, riconsacrata dalle nuove vittorie. Vostra Maestà voglia perdonarmi se mi presento indossando ancora la camicia nera della battaglia che fortunatamente non c'è stata. Io sono un suddito fedele di Vostra Maestà».
In quello stesso pomeriggio Mussolini formò il suo governo. Alle 19.30 portò l'elenco dei ministri al re.

IL GOVERNO MUSSOLINI

BENITO MUSSOLINI prendeva per sè la presidenza del Consiglio e i portafogli dell' Interno e degli Esteri; affidava la Guerra al generale ARMANDO DIAZ,
la Marina all'ammiraglio PAOLO THAON DI REVEL,
le Finanze all'on. ALBERTO DE STEFANI,
il Tesoro all'on. VINCENZO TANGORRA,
le Poste e Telegrafi all'on. COLONNA DI CESARÒ,
la giustizia all'on. ALDO OVIGLIO,
l'Assistenza Pensioni all'on. CESARE MARIA DE VECCHI,
le Colonie all'on. LUIGI FEDERZONI,
le Terre Liberate all'on. GIOVANNI GIURIATI,
l’Istruzione al prof. GIOVANNI GENTILE,
l'Agricoltura all’on. GIUSEPPE DE CAPITANI D'ARZAGO,
i Lavori Pubblici all'on. GABRIELE CARNAZZA,
l’Industria all'on. TEOFILO ROSSI,
il Lavoro e la Previdenza sociale all'on. STEFANO CAVAZZONI.
I sottosegretari furono GIACOMO ACERBO, ALDO FINZI, CARLO BONARDI, COSTANZO CIANO, PIETRO LISSA, ALFREDO ROCCO, FULVIO MILANI, GIOVANNI MARCHI, UMBERTO MERLIN, DARIO LUPI, OTTAVIO CORGINI, ALESSANDRO SARDI, GIOVANNI GRONCHI, SILVIO GAI.
Nel nuovo gabinetto avevano la prevalenza i fascisti con sei portafogli e sette sottoportafogli; due portafogli ciascuno avevano i popolari e i democratico-sociali e uno ciascuno i democratici, i liberali e i nazionalisti; mentre altri due ministri, quelli di Diaz e Revel potevano quasi considerarsi fascisti.
Il mattino del 31 ottobre il nuovo Gabinetto prestò giuramento nelle mani del Re. Quel giorno stesso i fascisti concentrati intorno a Roma entrarono nella capitale e alcune Squadre, o perché provocarono o perché furono provocate, dovettero sostenere degli scontri con i sovversivi nei quartieri popolari.
Le squadre riunite, furono passate in rivista da Mussolini, poi andarono in corteo a rendere omaggio all'Altare della Patria e alla tomba del Milite Ignoto. Infine sfilarono sotto il Quirinale, al cui balcone per nulla dispiaciuto, era affacciato il Sovrano con la sua consorte. La medesima sera del 31 ottobre lasciarono Roma i primi scaglioni di fascisti. Lo stesso Mussolini si recò alla stazione Termini affinché alle partenze non nascessero altri incidenti. Alcuni esaltati furono portati al forte di Monte Mario per essere puniti con la disciplina fascista. Mussolini voleva evitare qualsiasi incidente che avrebbe gravemente compromesso questa sua clamorosa vittoria ottenuta con la piena legalità. Tre giorni dopo il Governo fascista lanciava al Paese un proclama nella ricorrenza del 4 novembre: “Nel ricordo e nella celebrazione della grande vittoria delle nostre armi, la Nazione tutta ritrovi se stessa e adegui la sua coscienza alla dura necessità del momento. Il Governo intende governare e governerà! Tutte le sue energie saranno dirette ad assicurare la pace interna e ad aumentare il prestigio della Nazione all' Estero. Solo con il lavoro, la disciplina e la concordia la Patria supererà definitivamente la crisi per marciare verso una epoca di prosperità e di grandezza”.
Il giorno dopo, prima missione all'estero, partì per Losanna, per la conferenza indetta per sistemare la questione turca. Per il più giovane (39enne) presidente del Consiglio Italiano, una grossa soddisfazione fu il rientro trionfale in Italia con il treno presidenziale che fece tappa in tutte le città attraversate, con le popolazioni accorse alle stazione parate tutte a festa e per vedere MUSSOLINI.
Questa fu la prima, ma le stesse scene si ripeteranno per vent'anni. Anche se poi gli italiani, dissero in coro, che nessuno era stato mai fascista!
La storia di quel fascismo che poi fu conosciuto in Italia e fuori d’Italia, per oltre vent'anni, ebbe inizio così, il 30 ottobre, con una singolare presa del potere, pur essendo un partito di minoranza, che aveva solo 35 deputati alla Camera.
Se tutto ciò accadde, fu dovuto non solo perché alla Camera vi erano seduti degli “onorevoli” che si erano distaccati dal Paese reale, ma anche perché la stessa Nazione era ormai ridotta in uno stato pietoso: nell’economia perché o languivano le riforme coraggiose o quelle estremamente necessarie venivano accantonate, e nelle autorità del Paese la cui autorevole influenza dei preposti a tali delicati incarichi da qualche tempo era stata lasciata alle iniziative personali e non sempre legate alle direttive di governo, che spesso non era nemmeno più in grado di darle, talmente era screditato.

Qui di seguito un video della propaganda Fascista per ricordare l'evento:






"Quello che abbiamo
fatto in vent'anni è
conseganto alla Storia: è
consegnato alle pietre e
più ancora agli Spiriti.
Nessuna forza umana
riuscirà a cancellare
quella che è la
documentazione della 
nostra indomabile
volontà di creazione e di
ricostruzione"





Il nostro motto è sempre lo stesso:

Non Rinnegare, non Restaurare!


martedì 27 ottobre 2009

La Baraonda del Partito Democratico.



 


Tra lo scandalo di cocaina e trans che ha investito Piero Marrazzo il quale oggi ha rassegnato le sue dimissioni dalla presidenza della Regione Lazio rifugiandosi in una comunità religiosa nei pressi di Roma per sedare i suoi nervi, invocare la misericordia Divina ed alleggerire la pillola al Pd, tra Bersani che strizza l'occhio ai comunisti e Rutelli che lascia il il Partito democratico, dove da cattolico non vuole subire i ricatti dei compagni in arrivo soprattutto sui temi etici, avvicinandosi così all'UDC di Casini si ammira l'inconsistenza di un partito sempre di più alla deriva e a dirla tutta non è riuscito a prendere il largo sin dalla nascita. Un partito che considera i voti delle primarie più importanti di quelli delle elezioni politiche.
Un partito che esalta i suoi militanti in fila ai gazebi e i veri elettori li tratta come dei giocatori del lotto,e ad una analisi più attenta notiamo il calo dell'affluenza che le primarie hanno avuto dall'elezione di Prodi a quella di Bersani: 43.11.000 il 2005 con Romano Prodi, 3.517.000 il 2007 con Walter Veltroni e 2.900.000 il 2009 con Pierluigi Bersani.
Un partito che usa la solidarietà a senso unico (vedi le vicende Berlusconi - Marrazzo).
Un partito che usa due pesi e due misure.
Un partito che non riesce a risanare i suoi conflitti interni ma vuole risanare i problemi del Paese.
Questo in grandi linee è il quadro del Partito Democratico che si ritrova in una baraonda e si arroga il diritto di dare lezioni di politica e moralità.
Non credo ne siano all'altezza!
Bersani invece di cercare "nuove" alleanze, che alla fine sarebbe la riesumazione dei vecchi compagni fatti fuori dal Popolo Italiano, compiendo così un ulteriore passo indietro, invece di demonizzare Berlusconi facendogli quasi quasi ricadere anche le colpe delle vicende di Marrazzo, dovrebbe occupparsi dei fronti interni  del suo partito e iniziare a fare una opposizione seria e responsabile per il bene del Paese.

Antonello Voce
presidente di Azione Giovani Scandale



BERSANI li vuole resuscitare!

Nave dei veleni: Nessun inquinamento radioattivo.




«Il relitto a largo di Cetraro non corrisponde alla caratteristiche del Cunski». Lo afferma il Ministro dell’ambiente Stefania Prestiacomo in una nota. «Questo quanto emerge dai primi rilevamenti della ‘Mare Oceanò, la nave, inviata dal ministero dell’Ambiente, che sta svolgendo gli accertamenti sui fondali del Tirreno. Infatti la morfologia del relitto risulta diversa da quella del Cunski. In particolare è stato rilevato che il cassero della nave affondata si trova nella zona centrale mentre quello del Cunski era a poppa», spiega il ministro. «Il Rov, il robot sottomarino ha svolto già le misurazioni ed i rilievi fotografici del relitto e le prime analisi ambientali da cui è emerso che fino alla profondità di 300 metri non si rilevano alterazioni della radioattività. Naturalmente questi primi esiti delle ricerche non escludono la possibilità che i fusti contenuti nel relitto possano contenere rifiuti pericolosi o radioattivi e per questo il programma di indagini della 'Mare Oceano' proseguirà col prelievo di sedimenti dai fondali, di carotaggi in profondità e col prelievo di campioni dai fusti. Tutte queste operazioni – sottolinea Stefania Prestigiacomo – continueranno in coordinamento con la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e il Reparto Ambientale Marino della Guardia Costiera a disposizione di questo ministero al comando del Capitano di Vascello Federico Crescenzi al quale rivolgo uno speciale plauso».
Questo quanto emerge dai primi rilevamenti della 'Mare Oceano', la nave, inviata dal ministero dell'Ambiente, che sta svolgendo gli accertamenti sui fondali del Tirreno.
«L’accertamento che il relitto in fondo al mare non sia il Cunski e il mancato rilevamento di radioattività fino a 400 metri, che, ribadisco, non esclude la possibilità che si tratti in ogni caso di una ‘nave dei veleni – conclude il ministro – deve indurre alla prudenza ed alla responsabilità quanti fino ad ora hanno procurato, senza avere riscontri attendibili, paura e allarme sociale, con gravissime ripercussioni economiche per la Calabria. L’impegno del governo nella lotta alle ecomafie continua affinchè sia fatta piena luce sui misteri delle ‘navi a perderè, venga appurata la verità e ogni eventuale responsabilità».




Giovane Italia
circolo "Giorgio Almirante"

lunedì 26 ottobre 2009

Benedetta la Cappella privata dell'antico Casale di Gallopà.



Nell'antico Casale di Gallopà ieri è stata benedetta, con la celebrazione di una Santa Messa, in suffragio di don Giuseppe Zurlo, presieduta dall'arcivescovo monsignor Domenico Graziani, l'antica cappella del Casale, dove erano presenti il presidente della provincia di Crotone Stano Zurlo, il presidente del consiglio provinciale Benedetto Proto e l'on. Salvatore Pacenza.

"L'antico casale di Gallopà risale al diciottesimo secolo,  ubicato dove un tempo sorgeva una fortezza chiamata Leonia. Fondata dai Bizantini ed eretta a sede vescovile dal patriarca di Costantinopoli, deve il suo nome a Papa Leone III che in quel luogo, aveva permesso il riscatto di un gruppo di Crotonesi presi in ostaggio da Arechi II, re dei Longabardi e principe di Benevento. Alla morte di papa Leone III la Fortezza cambiò il suo nome in quello di San Leone. Occupata nell’840 dalle orde di Abbas Ibdn Al Fadal, venne inglobata nel successivo emirato di ISBN (Santa Severina) ma i suoi abitanti furono costretti a spostarsi su una collinetta, più vicina all’attuale Scandale, che ora viene ricordata coma San Leo. Qui durante gli anni '50 e '60, durante i lavori di rimboschimento, vennero alla luce diverse monete d’oro e d’argento del periodo greco-romano ed un’infinità di cocci e vasetti arricchiti da colori rossi su fondo nero. Questi reperti provano che il luogo è stato abitato anche in tempi più remoti.
Nel 1215 il concilio laterenense segnala la presenza del vescovato di San Leone, non sappiamo tuttavia se si trattasse di una sede fattiva o di titolarità fittizia. Essa viene , infatti, soppressa per la prima volta nel 1449, una seconda volta il 5 novembre 1571. Sia pure con una popolazione di circa 300 persone, il nome del Casale continua ad essere segnalato fino al terremoto del 1625, periodo in cui i due leoni del suo ingresso vennero portati alla chiesa matrice di San Mauro e alla cattedrale di Santa Severina dal vescovo Amodio.
A partire da Roberto il Guiscardo, il piccolo feudo di San Leone passò al demanio regio e raggiunge la sua massima estensione con i Nocera Carafa e i Ruffo Centelles. Nella prima metà dell’ottocento il barone Nicola Drammis costruì un palazzo e sulla destra del cancello del muro di cinta, fece mettere una piccola epigrafe con queste parole:
Fermati e versa lacrime
Leonia qui fù
Attento, attento mirala
Ahi la ravvisi tu, si, si Nicola Drammis
L’ombra ne rinnovò! M.A.T.E.

Dopo la famiglià Drammis, la contrada Gallopà - San Leone passò nelle mani dei Baroni Zurlo di Crotone che da più di un secolo ne tiene cura preservando dal trascorrere del tempo la sua autenticità."






Durante il sacro rito, semplice ma molto profondo, l'arcivescovo ha posto il problema  del ritorno all'essenzialità soprattutto spirituale di cui oggi  l'umanità necessita, ricordando le antiche tradizioni georgiche del nostro territorio, tra l'altro da Gallopà ha cresciuto generazioni di scandalesi nella vita agreste, ponendo il binomio spiritualità e agicoltura poichè anche quest'ultima secondo il presule è Ascesi. Dopo il sacro rito ci siamo ritrovati per un momento di agape, nel raffinato agriturismo gestito a donna Serena e i figli Vittoria e fabrizio Zurlo. L'arcivescovo rimasto incantato dalla magica atmosfera e dal verde che circonda il casale ha fatto sapere che organizzerà alcuni incontri diocesani dove poter ritrovarsi e ritrovare nella natura il volto di Dio.

Antonello Voce
presidente di Azione Giovani Scandale


              



 
Interno Cappella
 













                          
                                              Esterno della cappella