Salviamo i nostri Marò

Salviamo i nostri Marò
I nostri due militari devono tornare a casa

Siamo contro ogni genere di Discarica nel nostro Territorio!

domenica 31 luglio 2011

MANIFESTAZIONE PACIFICA PER DIRE NO ALLA DISCARICA DI AMIANTO!


IL COMITATO CITTADINO HA ORGANIZZATO PER DOMANI UNA MANIFESTAZIONE  SUL SITO DOVE DOVRA' NASCERE 
LA DISCARICA DI AMIANTO.
L'APPUNTAMENTO E' PREVISTO IN PIAZZA MUNICIPIO ALLE 7:00 AM PER QUELLI DI SCANDALE, PER CHI VIENE DA FUORI L'APPUNTAMENTO E' ALLE 8:00 AM AL BIVIO CARPENTIERI, ESATTAMENTE AL KM 129 DELLA SS 107.

VI ASPETTIAMO NUMEROSI!



Non è una protesta, non è un'utopia;
è una presa di coscienza,
è una rabbia che anche mia;
è un popoloi che si desta 
dal sonno e dal torpore
e scaglia il suo dissenso 
sui signori del potere...


BRUCIATA AUTO DI GIANNI CARVELLI.








I TESSERATI DEL POPOLO DELLA LIBERTA' DI SCANDALE E LA GIOVANE ITALIA TUTTA ESPRIMONO PIENA SOLIDARIETA' ALL'AMICO GIANNI CARVELLI PER IL VILE ATTO SUBITO. 
CONDANNIAMO FERMAMENTE QUESTI GESTI COME MEZZI DI LOTTA POLITICA;
 QUESTO VILE ATTO 
DEVE FARE RIFLETTERE LA 
NOSTRA COMUNITA' E CONDURLA 
AD ISOLARE QUANTI ADOTTANO LA VIOLENZA PER LA RISOLUZIONE 
DI QUALSIASI CONTROVERSIA.
ESPRIMIAMO PERTANTO IL NOSTRO RAMMARICO PER QUANTO ACCADUTO.

Antonello Voce.

domenica 24 luglio 2011

Questa volta non ci sono troppi indizi?



Cronometriche esplosioni, tritolo minuziosamente sistemato.

Il ragazzo della foto qui sopra è il presunto attentatore, arrestato nelle ultime ore, pare abbia confessato.
Indossa la classica tunica della Massoneria, i dati della polizia lo annoverano tra gli appartententi di una loggia massonica filosionista, ma si punta l'indice, ovviamente, sul suo "fondamentalismo" cristiano e alla sua appartenenza a gruppi di "estrema destra"...  
(Se poi si va a vedere attentamente i proclami "ideologici" dell'autore del gesto stranamente i media concentrano la loro attenzione sul  suo preteso"fondamentalismo cristiano", omettendo di sottolineare come il filone di pensiero di Brievik sia quello evangelico-settario tipico dei conservatori americani e di certe milizie suprematiste made in USA, visto anche il suo conclamato odio per il Papa e la Chiesa di Roma. Non solo i richiami "fallaciani" sono tipici della destra conservatrice americana e si mischiano a strani richiami massonici (vedi  le sue foto in grembiulino) ed ad un'ammirazione per lo Stato di Israele, che oggettivamente cozzano con ogni tipo di richiamo "nazista", ma aiutano ad ingenerare nell'opinione pubblica europea il riflesso condizionato di un presunto pericolo "bruno"  o di un nuovo populismo xenofobo violento e "nazistoide").


Il Killer non ha la barba lunga ed il turbante. E' biondo, è norvegese ed ha l'account su Twitter.
A fronte dell'attuale disinformazione che scarica le colpe sulla follia singola di un individuo o su altro, cerchiamo, a sangue freddo, di analizzare la politca norvegese degli ultimi anni

La Norvegia aveva assunto una politica filopalestinese dichiarando di votare, a settembre, a favore della costruzione di uno stato palestinese in ambito ONU. 

I proventi del petrolio norvegese sono introitati direttamente dallo Stato Norvegese e non dalle compagnie petrolifere private e che lo scorso anno la Norvegia aveva escluso due aziende israeliane dallo sfruttamento di pozzi petroliferi del Mare del Nord. 

Il Paese Nordico sta per ritirare le sue truppe dalla guerra in Libia. 

Dal 2002 la Commissione Europea aveva accusato la Norvegia di non adottare una legislazione bancaria compatibile con quello dell'Unione Monetaria Europea.Infatti, la Banca Centrale Norvegese é in mano pubblica mentre la Banca centrale Europea é una SPA privata partecipata dalle Banche Centrali nazionali a loro volta private. 

In Norvegia il guadagno da signoraggio non é gestito dai banchieri privati ma redistribuito ai norvegesi... 

Uno più uno non farà mica due?
Evitiamo facili sentenze ma questa volta non ci sono troppi indizi?




sabato 23 luglio 2011

Oslo trema. Bombe e spari sul governo.

di Marcello De Angelis.




Avremmo forse dedicato questo spazio a commentare i proclami del Terzo Polo, o le visioni di Terza repubblica evocate da Casini ma anche dalla discussione in Cdm della proposta di riforma costituzionale di Calderoli. Forse avremmo scritto qualcosa sull’ipocrisia della sinistra sulla questione morale e sui continui alti e bassi delle Borse. Ma la giornata si chiude con una tragedia che spinge le farse in secondo piano. La capitale della Norvegia è stata scossa da un’autobomba esplosa contro il palazzo del Governo e – quasi in contemporanea – da una pioggia di proiettili sui passanti mentre si svolgeva un riunione dei giovani vicini al partito del leader Stoltenberg.
Ovviamente ci sono state rivendicazioni la cui attendibilità è ancora da accertare. Si parla di un nuovo 11 settembre, ma la televisione norvegese annuncia che sarebbe già stato fermato un sospetto autore della sparatoria e assicura che si tratterebbe di uno scandinavo.
Il numero delle vittime cresce mentre scriviamo e si tratterebbe esclusivamente di normali cittadini. Il premier fa sapere che sia lui che i suoi ministri sono incolumi e al sicuro.
Non ci resta dunque che esprimere la nostra solidarietà ai cittadini di Oslo e a tutto il popolo norvegese. Non conosciamo il motivo della strage, né chi sia stato l’autore. La sofferenza di chi si vede privare dei propri cari senza motivo, parla una lingua sola.



Fonte: Secolo d'Italia

martedì 19 luglio 2011

19 Luglio 2011 Manifestazione "NUTRIAMO LA LEGALITA' " in ricordo di Paolo Borsellino.



Tutto pronto per la manifestazione “Nutriamo a legalità” che la Giovane Italia ha promosso ed organizzato in occasione della commemorazione del Giudice Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, diventati eroi e pertanto bandiera della legalità. La manifestazione\corteo domani partirà dal piazzale del Palamilone di Crotone alle ore 20,00 per poi arrivare ai giardini Falcone e Borsellino dove si terrà un breve momento di commemorazione. “Come Militanti della Giovane Italia Crotonese – dichiara Fabrizio Zurlo, presidente del circolo cittadino – abbiamo reputato che un corteo in onore di Borsellino fosse una scelta ambiziosa ed importante, che possa dare finalmente un segnale a tutto il nostro territorio affinché riscatti il proprio futuro oggi ostaggio della ‘ndrangheta.”

La Giovane Italia si augura un partecipazione dei Crotonesi alla manifestazione che vedrà la presenza del Vice Governatore della Regione Calabria Antonella Stasi, dell’onorevole Salvatore Pacenza, del presidente della Provincia di Crotone Stanislao Zurlo e dell’On. Salvatore Magarò, Presidente della Commissione Regionale anti ‘ndrangheta.

“Nei giorni scorsi – continua Zurlo – abbiamo richiesto pubblicamente all’amministrazione provinciale di Crotone, l’intitolazione della sala azzurra dell’ente a Paolo Borsellino, richiesta che è stata prontamente accolta dal Presidente Zurlo e che per noi oggi è motivo di orgoglio e di soddisfazione, affinché resti per sempre nella memoria di tutti, chi con la propria vita ha voluto consegnare nelle nostre mani un barlume di legalità”




PAOLO VIVE!

lunedì 18 luglio 2011

NUTRIAMO LA LEGALITA': MARTEDI' 19 LUGLIO LA SALA AZZURRA SARA' INTITOLATA A PAOLO BORSELLINO.



Martedì 19 luglio alle ore 18.00 verrà installata all’esterno del Palazzo della Provincia di Crotone la targa "Qui la ‘ndrangheta non entra". L’Ente intermedio, guidato da Stano Zurlo, ha aderito all’iniziativa lanciata di recente dal Consiglio regionale e più precisamente dal presidente della massima assemblea elettiva della Calabria, dall’Ufficio di presidenza e dalla Commissione regionale contro la ‘ndrangheta. L’evento rientra in un percorso per la legalità. Per l’occasione saranno presenti il presidente del Consiglio regionale On. Francesco Talarico, il presidente della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta On. Salvatore Magarò, la deputazione nazionale crotonese, gli assessori ed i consiglieri regionali del territorio, i sindaci del crotonese, i consiglieri provinciali, nonché le diverse autorità civili, militari, religiose. Sempre martedì 19 luglio, alle ore 18.30 si terrà la cerimonia di intitolazione della sala "Azzurra" dell’Ente a Paolo Borsellino in concomitanza con l’anniversario della barbara uccisione del giudice antimafia siciliano avvenuta il 19 luglio del 1992 nella strage di Via D’Amelio in cui morirono anche i 5 agenti della scorta. "Come amministrazione provinciale - dichiara il presidente Stano Zurlo - anche accogliendo l’invito che ci è stato lanciato nei giorni scorsi, attraverso la stampa, dai dirigenti del movimento Giovane Italia, abbiamo deciso di intitolare la sala "Azzurra" del palazzo provinciale a Paolo Borsellino, eroe di Stato, magistrato tutto d’un pezzo che nella sua carriera di giudice ha sempre condotto la lotta alla mafia, pagando con la propria vita". 
Alle 20:00 seguirà il corteo di commemorazione dal Pala Milone fino al Giardino "Falcone e Borsellino"

domenica 17 luglio 2011

L' Angolo Culturale.

Gli individui non esistono fuori 
dalle loro Comunità.



La crisi del modello rappresentato dallo Stato nazionale rigenera l’idea di comunità, che assume nuove forme e significati. Le comunità non associano più le persone solo per l’origine comune e le caratteristiche dei componenti: nel moltiplicarsi di tribù, flussi e reti, esse ormai raggruppano tipi diversissimi. Imponendosi come possibile forma di superamento della modernità, le comunità perdono lo status «arcaico», a lungo attribuito loro dalla sociologia. Più che stadio della storia, abolito dalla modernità, appaiono come forma permanente dell’umano associarsi.

In tale quadro figura la comparsa e lo sviluppo nel Nord America, dagli anni Ottanta, d’una corrente di pensiero che oltre Atlantico ha provocato innumerevoli dibattiti, ma che l’Europa ha scoperto più di recente: il «movimento» comunitario, costellazione rappresentata dai filosofi Alasdair MacIntyre, Michael Sandel e Charles Taylor.

Il movimento comunitario enuncia una teoria che combina strettamente filosofia morale e filosofia politica. Sebbene abbia una portata più vasta, la teoria è stata elaborata, da un lato, in riferimento alla situazione degli Stati Uniti, con l’inflazione della «politica dei diritti», la disgregazione delle strutture sociali, la crisi dello Stato-Provvidenza e l’emergere della problematica «multiculturalista»; dall’altro, in reazione alla teoria politica liberale, riformulata da Ronald Dworkin, Bruce Ackerman e soprattutto John Rawls. Quest’ultima si presenta come una teoria dei diritti (soggettivi), fondata su un’antropologia individualista. Nell’ottica dell’«individualismo possessivo» (Macpherson), ogni individuo è agente morale autonomo, «padrone assoluto delle sue capacità», alle quali ricorre per soddisfare i desideri espressi o rivelati dalle sue scelte. L’ipotesi liberale dunque prevede un individuo separato, un tutto completo a sé stante, che cerca d’accrescere i vantaggi con libere scelte, volontarie e razionali, senza che esse siano considerate frutto di influenze, esperienze, contingenze e norme del contesto sociale e culturale.

Invece il punto di partenza dei comunitari è anzitutto d’ordine sociologico ed empirico: constata la dissoluzione dei legami sociali, lo sradicamento delle identità collettive, la crescita degli egoismi. Sono gli effetti d’una filosofia politica che provoca l’atomizzazione sociale, legittimando la ricerca da parte di ognuno del maggior interesse, restando così insensibile ai concetti d’appartenenza, di bene comune e di valori condivisi.

Il maggior rimprovero dei comunitari all’individualismo liberale è di dissolvere le comunità, elemento fondamentale e insostituibile dell’esistenza umana. Il liberalismo svaluta la vita politica, considerando l’associazione politica un puro bene strumentale, senza vedere che la partecipazione dei cittadini alla comunità politica è un bene intrinseco; perciò non può rendere conto d’un certo numero d’obblighi e impegni, come quelli non risultanti da scelta volontaria o impegno contrattuale, come i doveri familiari, l’obbligo di servire la patria e d’anteporre l’interesse comune a quello personale. Il liberalismo propaga una concezione erronea dell’io, non ammettendo che esso rientri sempre in un contesto socio-storico e, almeno in parte, che sia costituito da valori e impegni non sottoposti a scelta e non revocabili a piacere. Suscita un’inflazione della politica dei diritti, che poco ha a che fare col diritto in quanto tale, e un nuovo tipo di sistema istituzionale, la «repubblica procedurale». Infine, col suo formalismo giuridico, misconosce il ruolo centrale di lingua, cultura, costumi, pratiche e valori condivisi, come basi d’una vera «politica di riconoscimento» di identità e diritti collettivi.

La teoria comunitaria si pone dunque in una prospettiva «olistica». L’individualismo liberale definisce il singolo come ciò che resta del soggetto, una volta privato di caratteristiche personali, culturali, sociali e storiche, cioè estratto alla comunità. D’altronde postula l’autosufficienza del singolo rispetto alla società e sostiene che egli persegue il maggiore interesse con scelte libere e razionali, senza che il contesto socio-storico influisca sulla sua capacità d’esercitare i «poteri morali», cioè di scegliere una particolare concezione di vita. Per i comunitari, invece, un’idea presociale dell’io è impensabile: l’individuo trova la società preesistente ed essa ne ordina i punti di riferimento, ne costituisce il modo di stare al mondo e ne modella le ambizioni.

Per i comunitari, l’uomo è anzitutto «animale politico e sociale» (Aristotele). Così i diritti sono espressione di valori propri di collettività o gruppi differenziati, ma riflesso d’una teoria più generale dell’azione morale o della virtù. La giustizia si confonde con l’adozione d’un tipo d’esistenza secondo i concetti di solidarietà, reciprocità e bene comune. Quanto alla «neutralità» di cui s’ammanta lo Stato liberale, è vista sia come disastrosa nelle conseguenze, sia – più generalmente – come illusoria, perché rimanda implicitamente a una singolare concezione del bene, che non si confessa tale. Una vera comunità non è l’unione o la somma degli individui. I suoi membri, in quanto tali, hanno fini comuni, legati a valori o esperienze, non solo interessi privati più o meno congrui. Questi fini sono tipici della comunità, non sono obiettivi particolari uguali per tutti o per la maggioranza dei membri. In una semplice associazione, gli individui guardano i loro interessi come indipendenti e potenzialmente divergenti. I rapporti fra questi interessi non sono dunque un bene in sé, ma solo un mezzo per ottenere i beni particolari cercati da ciascuno. 

Mentre la comunità, per chi vi appartiene, è un bene in sé.
 
Alain De Benoist

(Traduzione di Maurizio Cabona)

sabato 16 luglio 2011

Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale.

di Andrea Degl'Innocenti


I cittadini islandesi non erano
 disposti ad accettare le misure
 imposte per il pagamento del debito.
L'hanno definita una 'rivoluzione silenziosa' quella che ha portato l'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessi economici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale, gli islandesi hanno nazionalizzato le banche e avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato a stilare una nuova Costituzione. Una rivoluzione silenziosa è quella che ha portato gli islandesi a ribellarsi ai meccanismi della finanza globale e a redigere un'altra costituzione...

Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.
L'Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.
Ma procediamo con ordine. L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia, situato un poco a sud dell'immensa Groenlandia.
15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.

La Landsbanki fu la prima banca a crollare e ad essere nazionalizzata in seguito al tracollo del conto IceSave
Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.
Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.
A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.
Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.

I cittadini islandesi non erano disposti ad accettare le misure imposte per il pagamento del debito.
Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo.
Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto ilrapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.
Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.
La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l'Islanda le classichemisure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista - ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.

I Cittadini islandesi hanno votato per eleggere i membri del Consiglio costituente
A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.
In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola 'presidente' al posto di 're').
Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.
Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. "Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet".

L'Islanda ha riaffermato il principio per cui la volontà del popolo sovrano deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale
Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.
Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.
Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?



giovedì 14 luglio 2011

Campo Cyrano 2011.




Dal 15 al 17 luglio nella splendida cornice della penisola sorrentina approda la terza edizione di Campo Cyrano, l’evento che chiama a raccolta centinaia di studenti da tutta Italia. Il programma del campo, che si svolge nel complesso Cala di Puolo, prevede dibattiti culturali, politici e artistici, ma anche tanto divertimento e tanto mare. Anche quest’anno parteciperanno al campo ospiti illustri provenienti dal mondo della politica, dell’arte e dell’associazionismo. - spiegano gli organizzatori in una nota - Ad aprire l’evento saranno il Ministro Meloni e l’On Peppe Civati, venerdì 15 luglio a partire dalle ore 17 sul tema “La politica per cambiare il mondo”. Il sabato mattina si apre invece con  “A scuola di legalità”,  dibattito al quale partecipano l’On Fabio Rampelli, responsabile settore formazione Pdl, e l’On Andrea Orlando, deputato e membro commissione parlamentare antimafia, Orfeo Notaristefano, giornalista e scrittore, Simone Scarpati, presidente associazione “Studenti contro la camorra” e Suor Carolina Iavazzo, ex collaboratrice Don Pino Puglisi. Alle 18 e trenta, invece saranno i giovani a discutere: Michele Pigliucci, dirigente nazionale Giovane Italia e Fausto Raciti, segretario nazionale dei Giovani Democratici, e  Mohamed Moulud, Ministro della Gioventù Saharawi parleranno della Rivoluzione, con particolare riferimento alle rivolte giovanili in Maghreb. Al centro della scena come sempre ‘Cyrano de Bergerac’, con la sua capacità di affascinare, figlio della nobile penna di Rostand, un esempio di sog­natore inguaribile e un mod­ello di riferimento per le nuove generazioni, che non smet­tono mai di combattere contro l’individualismo materialista ed edonista che si ramifica in questa modernità. Non mancheranno le occasioni di svago, le serate comunitarie, il divertimento, il mare e la spiaggia, i momenti di elaborazione artistica, che renderanno piacevole la permanenza dei partecipanti.”


domenica 10 luglio 2011

Il sogno di una vittoria possibile.

di Marco Perissa.
segretario del Consiglio Nazionale
 della Giovane Italia.




Combatto la logica degli ex.

Perché agli oltre 15 milioni di italiani tra i 15 ed i 35 anni non appassiona il dibattito tra chi è più bello e potente tra quelli che provengo da Azione Giovani e quelli che provengo da Forza Italia Giovani.


Combatto la logica del Congresso a tutti i costi

Marco Perissa
Perché per cambiare l'Italia non c'è bisogno di una mostrina sulle spalle ad indicare chi comanda ma serve passione, sacrificio e militanza. E queste cose non si trovano in un congresso, ma solo negli spiriti liberi.
Combatto la logica delle correnti
Perché non esiste una corrente buona e una corrente cattiva. Esistono solo correnti che servono a aumentare il peso politico di qualche colonnello che nella migliore delle ipotesi userà la nostra vita per migliorare la sua.
Combatto la logica dei gruppettari
Perché è patetico passare la vita a dividere l'atomo mentre il mondo intorno a noi continua a girare senza chiedere il nostro parere
Combatto tutto questo, come potete notare, per delle ragioni semplici e a tratti banali. Non un documento politico, non una tesi di laurea ma semplicemente la riflessione sincera di un militante che a 14 anni ha incontrato persone capaci di convincerlo,con l'esempio quotidiano, che la rabbia poteva trasformarsi in amore e da questo amore potevano germogliare un popolo ed una nazione migliori.
Combatto tutto questo e sento il bisogno di scriverlo perché ho ascoltato negli anni persone tronfie dietro il podio di un palco riempirsi la bocca di grandi parole, e subito dopo ho visto le cose non cambiare mai,
Vedo la logica degli ex usata scientificamente per continuare a dividere, vedo la logica delle correnti continuare a generare lacerazioni a volte addirittura umane, vedo la logica dei gruppettari che continua a far spendere energie non per il bene di tutti ma solo per il bene dei proprio amici, belli o brutti che siano.
E non ci sto. No, non posso restare a guardare i miei compatrioti camminare in fila indiana verso il ciglio del burrone e cadere giù, infoibati dall'assassino consumista mentre noi, figli d' Italia rimaniamo impantanati in una palude che ci rincoglionisce e che lega le nostre ali.
E dentro sento forte lo sconforto, avverto che sto per mollare, poi guardo meglio, osservo con ancora più maniacale attenzione, cerco disperatamente di capire se “c'è ancora del buono in questo mondo” e, si.
C'è ancora del buono, c'è ancora chi chi ha esultato quando Tʿatʿaŋka Iyotake (Toro seduto) sconfisse il 7° cavalleggeri dell'usurpatore europeo a Little Bighorn, c'è ancora chi sente il cuore pieno di orgoglio quando guarda sventolare il tricolore sotto il vento caldo del deserto di El-Alamein e c'è ancora chi quando pensa alla dignità dei 350.000 esuli istriani spera di poter essere ogni giorno all'altezza della loro stima.
Poco, maledettamente poco, ma “c'è ancora del buono in questo mondo” e, cazzo, “vale la pena combattere per questo”.
E cosi, al ritorno dall'ennesimo viaggio attraverso la nostra terra,  in una mattinata come tante, nel torrido caldo estivo di una città un pò deserta ripenso a quando ero più piccolo.
Ripenso ai giorni in cui l' istinto prevaleva sulla ragione, a quando non mi chiedevo mai se la mia scelta oltre ad essere giusta fosse anche utile, a quando.....5 contro 30 non ci si tirava mai indietro, perché cosi era solo più emozionante.
 “5 contro 30” - “5 contro 30” . Rimbomba, come un tamburo nel petto questo ritornello e piano piano risveglia un primordiale, fanciullesco, folle istinto di LIBERTA'.
E allora combatto, perché ci sono ancora uomini LIBERI.
Liberi dalle catene che ci impediscono di essere in tutta Italia un unico indistruttibile blocco monolitico, con mille idee differenti, ma tenuto insieme da una comune visione del mondo, da un immenso amore per il nostro popolo e per la nostra Nazione e dalla voglia di poter gridare al mondo che saremo cinque, cinquecento o cinquemila ma che siamo quelli che scelgono il giusto anche se dobbiamo pagarlo sulla nostra pelle.
Liberi dagli schemi precostituiti che ci vogliono convincere che puoi essere bravo quanto vuoi ma se non sei amico di qualcuno non vai da nessuna parte, perché per noi arrivare da qualche parte non significa fare carriera ma aver cambiato la coscienza delle persone che abbiamo intorno.
Liberi di credere che per giurare amore e fedeltà alla persona che si ama, per mettere al mondo dei figli e per passare un natale in famiglia non serva una busta paga a tempo indeterminato ma un amore puro che ti dia la forza ed il coraggio di gettare il cuore oltre l'ostacolo perché insieme i problemi si risolvono sempre.
Liberi di credere che siamo ancora un popolo capace di tender il braccio verso i più deboli e di levare gli scudi per difendere chi è in difficoltà, perché ci piace pensare che un giorno la nostra gente potrà sentirsi parte di una unica, grande comunità nazionale.
Liberi da quella cultura che ci vuole convincere che se sei ricco e potente sei degno di rispetto, perché il nostro rispetto preferiamo darlo a quelle donne e quegli uomini che ogni giorno, nella nell'immagine confusa della massa che si muove, compiono straordinari sacrifici per pagare le rate, per crescere i loro figli,per mandare avanti la fabbrica, per portare avanti una ricerca e le cui storie nessun giornale racconterà mai ma che per noi sono esempi, modelli, eroi.
Liberi di sognare che se anche la politica non ce la dovesse fare, ce la faremo noi: giovani, irriverenti, sconsiderati, folli, con le nostre barbe tagliate male, con le nostre magliette logore ma con un significato troppo profondo per non metterle più, con le nostre assemblee senza fine, con le nostre discussioni, con mille limiti e centomila difetti ma con un cuore grande cosi.
Si, ce la faremo. Cambieremo le sorti della nostra terra cominciando da casa nostra, dal nostro mondo giovanile. Ce la faremo anche senza mostrine, anche senza mai arrivare al governo della nostra città o del nostro paese, ce la faremo perché le più grandi rivoluzioni culturali, quelle che hanno cambiato il corso della storia sono sempre state determinate dal popolo, dal basso, da quelli che per la concezione comune non contano nulla.
I nostri nemici non saranno gli “ex”, non  saranno quelli dell'altra corrente, non saranno quelli dell'altro gruppo. No. I nostri nemici saranno i cattivi, i grigi, i lenti, gli arrivisti, gli egoisti, i raccomandati, gli speculatori, i prepotenti, i leccaculo. Li cercheremo, li scoveremo nei loro nascondigli e li contageremo con il nostro entusiasmo, li sovrasteremo con la nostra energia.
Non basterà dirlo, non basterà pensarlo, sarà necessario farlo. Sarà necessario rifiutarsi di essere un “ex”, sarà necessario scegliere di non appartenere ad una “corrente” sarà necessario non anteporre mai l'interesse del proprio “gruppetto” al bene comune.
Sarà necessario continuare ad avere coraggio e sarà necessario darne un po' del proprio a chi ne manca del suo.
Romperemo la diga che argina il corso del fiume, sommergeremo i grattacieli grigi delle metropoli ed al nostro passaggio lasceremo terreno fertile dove piantare i semi del futuro, dal tepore del sole della nostra libertà germoglieranno alberi solidi con radici profonde e allora non ci sarà più spazio per piccoli uomini senza ali, ma cammineremo tra i giganti.




giovedì 7 luglio 2011

In Ricordo di Carlo Falvella.




Sono passati ormai trentanove anni da quel 
7 Luglio in cui Carlo Falvella, giovane militante del FUAN, perdeva la vita per mano 
di Giovanni Marini. L'unica colpa di Carlo era quella di credere in un ideale: Un destino che ha accomunato, nei terribili anni di piombo, 
troppi ragazzi ...

CARLO FALVELLA:  PRESENTE!


Pagine di Storia:

7 Luglio 1972 . Ciao Carlo, un altro, uno dei tanti, uno dei troppi ...



mercoledì 6 luglio 2011

NUTRIAMO LA LEGALITA': Giovane italia chiede che la sala azzurra della Provincia sia intitolata a Paolo Borsellino.




Non possiamo che salutare con entusiasmo il nuovo corso del PdL, che ha trovato in Alfano un punto di riferimento giovane e soprattutto innovativo per la politica. L’idea di Alfano di volere un partito di “persone per bene”, di fatti, si sposa con la battagli di moralizzazione che da sempre il movimento giovanile della Destra italiana porta in tutte le piazze. E anche da Crotone deve ricominciare quella spinta pura di pulizia morale che solo chi fa politica per passione e non per interesse può comprendere, capire e cavalcare. Crotone deve diventare l’esempio del nuovo PdL. Un partito che abbia nella legalità e nel buon costume un punto cardine del proprio stile di partito. Siamo stanchi di questa sinistra perbenista, sempre pronta a giustificare le nefandezze dei suoi, quanto ad additare le presunte colpe del centrodestra. Troppo facile essere garantisti con una parte e forcaioli con l’altra.
In questo contesto la data del 19 Luglio, anniversario della morte di Borsellino, assume un valore ancora maggiore. È giunto il momento che il centrodestra alzi compatto la bandiera della lotta alla criminalità organizzata, e dia l’esempio cancellando tutte le zone grigie del compromesso con la mafia.
Aderiamo con entusiasmo alla manifestazione “Nutriamo la legalità” promossa da Umberto Caputo e Gianfranco Turino, una manifestazione che, speriamo, veda la partecipazione massiccia dei cittadini e delle istituzioni, perché la legalità e la lotta alla mafia non sono spot elettorali ma un impegno di vita per la nostra terra.
Ma per quella data chiediamo di più. Chiediamo al Presidente della Provincia Stano Zurlo l’intitolazione della sala azzurra dell’ente a Paolo Borsellino, eroe antimafia. Chiediamo al presidente Zurlo un segnale preciso per dire a questo territorio che la destra crotonese ha deciso di cominciare la guerra alla malavita e al malaffare. 

Fabio Federico
Presidente Provinciale GI Crotone

Fabrizio Zurlo
Presidente GI Crotone

Antonello Voce
Presidente GI Scandale

Francesco Maiolo
Presidente Gi Isola Capo Rizzuto

Salvatore Rizzo
Presidente GI Cutro

Carmen Pucci
Presidente GI Cirò Marina

Adele Ioele
Presidente GI San Mauro Marchesato

martedì 5 luglio 2011

Regione, Scopelliti chiede al Ministero di inserire Crotone e Gioia Tauro nelle aree di crisi.


Il Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti – informa una nota dell’Ufficio Stampa della Giunta - ha chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico di inserire il territorio di Gioia Tauro e Crotone nelle aree di crisi, così come previsto dalla legge 99/2009, in quanto realtà territoriali con difficoltà non risolvibili attraverso strumenti e risorse tradizionali, ma piuttosto situazioni da risolvere con provvedimenti straordinari. Tutti gli indicatori economici relativi alle aree di Gioia Tauro e Crotone, evidenziano l'esistenza di una situazione che presenta le caratteristiche per essere identificate come territori in seria difficoltà, sottolineando l'urgenza dell'intervento, alla luce delle preoccupanti dinamiche che coinvolgono queste due realtà. La richiesta di riconoscimento di "aree di crisi", rappresenta solo il primo passo che la Regione Calabria intende percorrere nell'ambito della ricostituzione di una ben definita strategia di sviluppo, in sintonia con quelle politiche di ridefinizione della geografia industriale e finanziaria che la Giunta Scopelliti sta portando avanti. “La crisi di questi territori ad oggi – ha dichiarato il Presidente Scopelliti - si è aggravata e non può essere superata senza uno sforzo congiunto tra Governo e Regione che miri alla riconversione, alla reindustrializzazione, all’innovazione, all'infrastrutturazione necessaria per agevolare questi processi. Per avviare il superamento della crisi dobbiamo porre in essere strumenti straordinari e interventi capaci di rallentare e bloccare l'emergenza, rinsaldare le filiere produttive esistenti, e soprattutto incoraggiare nuovi insediamenti attraverso la riqualificazione dell’area industriale e nuova occupazione. Quello che abbiamo richiesto al Ministro Romani – ha aggiunto il Governatore Scopelliti - è la possibilità di giungere, per queste due aree, a un Accordo di programma, avviando un processo che affianchi alle risorse regionali gli interventi nazionali individuati dalla rinnovata legislazione per la reindustrializzazione e per le aree di crisi. Questo percosso si affianca e completa quello già intrapreso per l'area del retro porto di Gioia Tauro per l'avvio di nuove iniziative produttive nell'area in affiancamento alle azioni regionali per l'avvio del distretto della logistica. Sarà mio impegno – ha concluso il Presidente Scopelliti -far si che la procedura, così avviata, si svolga con speditezza”.
“Con questa presa di posizione forte – ha dichiarato la Vicepresidente Antonella Stasi - il Presidente Scopelliti vuole fortemente rilanciare dei territori a vocazione industriale che oggi, però, vertono in uno stato di crisi, e inserire queste due importanti realta' della nostra Regione, come vere e proprie vertenze sociali. Queste aree vanno attenzionate in maniera particolare, in quanto focolai sociali ma anche ad elevato potenziale strategico se supportate e valorizzate con una giusta politica, attraverso misure straordinarie e concessione di finanziamenti mirati e vincolati a progetti, diversamente da quello che è avvenuto in passato con fondi a pioggia”. Il riconoscimento di aree di crisi per questi territori consentirà di attivare, con il Governo nazionale, strumenti giuridici come gli Accordi di Programma che consentiranno a questi territori di accedere a programmi di finanziamento pubblici e privati, utili a tutelare l'apparato produttivo ancora esistente e a incoraggiare nuovi insediamenti, favorendo così il rilancio delle attività industriali e la salvaguardia dell'occupazione.

lunedì 4 luglio 2011

CROTONE: 19 Luglio per ricordare Borsellino "NUTRIAMO LA LEGALITA'".



Come ogni anno la nostra comunità politica il 19 luglio celebra l’anniversario della morte del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, per non dimenticare chi con la propria vita ha tracciato un esempio di legalità e di lotta alla mafia. Mai come in questo periodo ci siamo resi conto di quanto Crotone abbia bisogno di un segnale forte, di un momento di riflessione serio sulla legalità. E proprio per questo motivo abbiamo deciso di organizzare la manifestazione del 19 luglio dandole un senso più forte rispetto al solo ricordo della morte dei nostri eroi antimafia, un senso che abbiamo voluto rendere già dal titolo: “Nutriamo la Legalità”.
La manifestazione partirà dal parcheggio del Pala Milone alle ore 19.30, per poi arrivare in corteo al giardino dedicato a Falcone e Borsellino. Davanti all’ulivo, piantato in ricordo dei due giudici, deporremo una corona di fiori e faremo insieme a tutti i partecipanti una riflessione sulla legalità.
Alla manifestazione hanno già aderito il presidente della Provincia Stano Zurlo, il vice governatore della Calabria Antonella Stasi e l’on. Salvatore Pacenza.
Non vogliamo dare alla manifestazione un taglio partitico, ma renderla il più istituzionale possibile, pertanto nella settimana prossima inviteremo personalmente tutte le istituzioni del territorio e tutte le forze politiche, perché la legalità non è la bandiera di una fazione, ma un valore che deve appartenere a tutti.
Crotone oggi ha bisogno di rialzare la testa e gridare in faccia al destino che non ha paura della sfida contro la criminalità, perché come diceva Paolo Borsellino: “chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.

Umberto Caputo
dirigente regionale 
Giovane Italia

Gianfranco Turino

domenica 3 luglio 2011

L'Angolo Culturale...


Idee per l’Europa: 
la Rivoluzione Conservatrice.


La perlustrazione di quella galassia culturale e ideologica che è stata la Rivoluzione Conservatrice è diventata negli ultimi anni un punto importante della riflessione sull’Europa del XX secolo. Ernst Nolte, in un suo piccolo libro, intitolato La rivoluzione conservatrice nella Germania della Repubblica di Weimar, pubblicato da Rubbettino e curato da Luigi Iannone, svolge una rapida, ma esauriente indagine su alcuni dei protagonisti di quella stagione di pensiero. Che ebbe come comune fondamento una critica radicale alla società liberaldemocratica egemone in Occidente, esprimendo da una parte la volontà di restaurare la Germania – dopo il crollo del 1918 – nei suoi diritti mondiali e, dall’altra, una visione della storia anti-progressista. In questo senso, si può dire con Nolte che la Rivoluzione Conservatrice sia stata uno dei movimenti più rilevanti contro la modernità, ma che, al tempo stesso, gli sia mancata una vera ispirazione politica. Rimase una spinta intellettuale, certo importante, ma incapace di intercettare le motivazioni politiche che agitavano le masse. E senza masse, si sa, qualunque rivoluzione è difficilmente realizzabile.
Nolte sceglie di presentarci alcuni tra i maggiori rappresentanti di quel colto e innovativo movimento, inquadrandoli in brevi “medaglioni”, sintetici quanto esaustivi. Ma prima, lo storico tedesco fa una panoramica storica, cercando di inquadrare il retroterra da cui scaturirono le varie posizioni. E rileva che l’elemento più importante che accomuna quegli intellettuali, quasi tutti già attivi prima del 1914 e imbevuti di nazionalismo, fu senz’altro il trauma vissuto in occasione della Rivoluzione bolscevica.
Da una parte, essa scatenò il terrore in quanti – come Klages o Spengler – vedevano minacciata da vicino l’identità europea e rimasero fortemente impressionati dalla volontà di annientamento dell’Occidente proclamata da Lenin. Da un’altra parte, questo evento drammatico attirò l’attenzione e una certa simpatia da parte di alcuni, come Niekisch e per un periodJünger, che vedevano balenare a Oriente nuove possibilità politiche. Essi avvertirono la Russia sovietica come una macchina distruttiva che, finalmente, avrebbe contribuito a eliminare dalla scena il liberalismo e il mondo borghese, visti quasi sempre come il fulcro della decadenza della civiltà e l’avvento del dominio del mercantilismo economicista. E formulavano scenari in cui una Germania socialista e nazionalista avrebbe potuto affiancare l’URSS in un finale regolamento di conti contro l’Occidente capitalista.
In uno sguardo più generale, Nolte non manca di fare un cenno al fatto che gli ideali della Rivoluzione Conservatrice tedesca erano comuni a larga parte dell’Europa. E cita Enrico Corradini, che già all’inizio del Novecento aveva parlato per suo conto di “socialismo nazionale” ed aveva rovesciato l’idea marxista di lotta di classe, lanciandosi nella teorizzazione di una “lotta di classe” tra nazioni: le povere e proletarie – tra cui in primis l’Italia – contro le ricche che dominavano il mondo. Ma anche in Francia si muoveva qualcosa di singolare. Ad esempio, una certa alleanza tra Sorel, teorico della violenza rivoluzionaria fondata sul mito popolare, ma ostile al socialismo marxista, e Maurras, il leader dell’Action Française, movimento monarchico e reazionario. Intrecci strani, opposti che si toccavano, contaminazioni nuove. Era questo il terreno ideologico trasversale su cui si muovevano i rivoluzionari conservatori. Tra i quali figurava anche il Thomas Mann prima-maniera, che nelle sue Considerazioni di un impolitico, scritte durante la guerra, riprese tra l’altro la dicotomia spengleriana fra Kultur germanica, tradizionale e creativa, e Zivilisationoccidentale, decadente, priva d’anima, fondata su diritti astratti. Mann del resto, lo sappiamo, già col suo capolavoro sulla saga dei Buddenbrook, aveva manifestato una concezione pessimistica circa le sorti del mondo borghese-capitalista, afflitto da un’interiore malattia di disgregazione. Si trovò pertanto a condividere con naturalezza la prognosi infausta che formulò Spengler, col suo monumentale Tramonto dell’Occidente.