Salviamo i nostri Marò

Salviamo i nostri Marò
I nostri due militari devono tornare a casa

Siamo contro ogni genere di Discarica nel nostro Territorio!

lunedì 31 ottobre 2011

Halloween, un pericolo mascherato da festa!


Ogni anno sentiamo il dovere di mettervi in guardia riguardo la festa di Halloween.
Le origini di questa festa popolare sono strettamente connesse alla magia, alla stregoneria, alla superstizione e al satanismo. A causa delle sue radici e della sua essenza esoterica, Halloween può aprire una porta all'influsso occulto nella vita delle persone. Ricorre il 31 Ottobre in quella sera, se da una parte i più piccoli si limitano a travestirsi e a bussare alle porte per il famoso dolcetto-scherzetto, in altri luoghi (chiese sconsacrate e cimiteri) vengono compiuti riti satanici con anche sacrifici di vite umane e profanazione di ostie consacrate.
Perfino certe filastrocche insegnate ai bambini (che sono i più facilmente influenzabili) sono evocazioni dello spirito di morte. Halloween pone l'enfasi sulla paura, l'orrore, gli spiriti, la stregoneria, la violenza, la morte, i demoni. Gli oggetti e le maschere venduti per la notte delle zucche sono spesso riproduzioni di amuleti e di articoli usati nel mondo della stregoneria e dell'esoterismo. Certi "festeggiamenti" del 31 Ottobre sono veri e propri riti che mettono in contatto con gli spiriti che altro non sono che gli angeli decaduti: i demoni.



Per saperne di più clicca su questo link:
Cosa è veramente la festa di Halloween





domenica 30 ottobre 2011

Mario Zicchieri, PRESENTE!




Giardino Mario Zicchieri
E' Stato intitolato ieri a Roma, 
a 36 anni dal suo sacrificio, 
un giardino a Mario Zicchieri vittima 
della violenza politica (antifascista).

Una Schiera compatta di fratelli, per ricordare l'ennesimo assassinio per mano antifa-comunista, rimasto impunito.
Ma la Comunità non dimentica. Mai.

MARIO ZICCHIERI,
PRESENTE!



mercoledì 26 ottobre 2011

Non c'è niente da ridere signor sarkò.

Nicolas Sarkozy

Il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, ha restituito oggi alla Francia la "Legion d'Honneur", la Legion d'Onore, ordine cavalleresco istituito da Napoleone Bonaparte nel 1802, nonché una delle più prestigiose onorificenze francesi. L'alto riconoscimento gli era stato assegnato per il ruolo svolto durante il conflitto in Kosovo.
Generale Leonardo Tricarico
Un gesto, quello di Tricarico, con cui l'alto ufficiale italiano ha voluto protestare contro «l'irriguardoso comportamento» del presidente francese Nicolas Sarkozy l'altro giorno a Bruxelles, durante il siparietto ridanciano con la collega tedesca Angela Merkel.
Generale di Squadra Aerea, Tricarico è nato a Tione di Trento il 9 settembre 1942. Dopo aver conseguito il diploma di maturità classica si è arruolato in Aeronautica Militare frequentando, dal 1961 al 1964, l'Accademia Aeronautica prima a Nisida e poi a Pozzuoli. Nel corso di oltre quarantatre anni di carriera ha svolto numerosi incarichi in Italia ed all'estero. Alla luce della sua straordinaria competenza e professionalità, è stato chiamato a svolgere il ruolo di consigliere militare di tre diversi presidenti del Consiglio: Massimo D'Alema, Giuliano Amato e Silvio Berlusconi.
Tricarico, come riferiscono le agenzie di stampa, ha restituito la Legion d'Onore all'ambasciatore francese in Italia, insieme ad una lettera nella quale ricorda di aver ricevuto dal presidente Jacques Chirac una onorificenza «della quale - scrive - sono oggi costretto a privarmi con rammarico e dispiacere di fronte al comportamento irriguardoso dell'attuale Presidente francese nei confronti dell'Italia».
La lettera si chiude con un post scriptum in cui Tricarico ricorda un aneddoto legato proprio al cognome di monsieur le Président. «Il 25 novembre 1916 il nostro leggendario aviatore, il capitano Francesco Baracca, abbatté il ricognitore austro-ungarico del tenente Kalman Sarkozy, che fu preso prigioniero. Pur essendo incerto il legame di parentela di quell'aviatore ungherese con l'attuale Presidente, l'episodio indica che gli Italiani - affrancati dalle peculiarità di un sistema che tarpa loro le ali - sanno vincere le loro battaglie. Anche quando di fronte abbiamo un Sarkozy».
Una stoccata di fioretto elegante ma letale. Dritta al cuore. Come solo un ufficiale "vecchio stampo" sa ancora fare.

Linkiesta.it

domenica 23 ottobre 2011

Onore e armi in pugno. Come sanno morire i nostri nemici, nessuno.





Come sanno morire i nostri nemici, nessuno. Come ha saputo morire il rais, armi in pugno, lo sapevano fare solo i nostri. Come a Bir el Gobi quando con onore, dignità e coraggio sorridevano alla morte. Fosse pure per fecondare l’Africa.

Sarà tutto tempo perso, dunque, sporcarne gli ultimi istanti, gravarne di dettagli i resoconti e anche quel disumano reportage sul volto fatto strame – tra sangue e calcinacci – non potrà spegnere il crepitare della mitraglia. Perché come ha saputo morire Muammar Gheddafi – così ridicolo, così pacchiano e così a noi ostile – come ha saputo farsi trovare, straziato come un Ettore, solo il più remoto degli eroi dimenticato nell’Ade l’ha saputo fare.
Come i nostri eroi. Come nel nostro Ade. Proprio come seppe morire Saddam Hussein che se ne restò sprezzante sul patibolo. Come neppure la più algida delle principesse di Francia davanti alla ghigliottina. Incravattato di dura corda al collo, l’uomo di Tikrit, degnò qualche ghigno al boia, si prese il tempo di deglutire il gelo della forca per poi gridare la sua preghiera: “Allah ‘u Akbar”. E fu dunque fatto morto. E, subito dopo, impudicamente fotografato.
Come nel peggiore degli Ade. Per quel morire che non conosciamo più perché gli stessi che fino a ieri stavano a fianco del rais, dunque Sarkozy, Cameron, lo stesso Berlusconi, tutto potranno avere dalla vita fuorché un ferro con cui fare fuoco. La nostra unica arma è, purtroppo, il doppio gioco. I nemici di oggi sono i nostri amici di ieri – amico fu Gheddafi, ancor più amico fu Saddam Hussein – e quando li portiamo alla sbarra, facendone degli imputati, dobbiamo scrivere la loro sentenza di morte con l’inchiostro della menzogna perché è impossibile reggere il ghigno dei nemici. Perché – si sa – i nemici che sanno come morire, poi la sanno sempre troppo lunga su tutto il resto del Grande gioco. Ed è un lusso impossibile quello di stare ad ascoltarli in un’udienza.

Come sanno morire i nostri nemici, nessuno. L’unica cruda verità della vita è la guerra e solo i nostri nemici sanno creparci dentro. E’ veramente padre e signore di tutte le cose, il conflitto, ma l’impostura è così forte in noi da essere riusciti a muovere guerra alla Libia dandola per procura, lavandocene le mani, mandando avanti gli altri perché a forza di non sapere morire con le armi in pugno, se c’è da sparare, preferiamo dare in appalto la sparatoria. Giusto come un espurgo pozzi neri da affidare a ditta specializzata.

Come sanno morire i nostri nemici, nessuno. Quando gli eserciti dello zar ebbero ragione del loro più irriducibile nemico, Shamil il Santo – l’imam dei Ceceni, il custode della prima Repubblica islamica nella storia – nel vederselo venire avanti, finalmente sconfitto, non lo legarono a nessun ceppo, a nessuna catena, piuttosto gli fecero gli onori militari per accompagnarlo in un lungo viaggio fino al Palazzo reale dove lo zar, restituendo a Shamil il proprio pugnale, lo accolse quale eroe e lo destinò all’esilio, a Medina, affinché tutta quella guerra, spaventevole, diventasse preghiera e romitaggio.

Come c’erano una volta i nemici, non ce ne saranno più. Ed è per la vergogna di non sapere morire come loro che scacazziamo sui loro cadaveri. Ne facciamo feticcio e se fosse cosa sincera la memoria di ciò che fu, invece che produrre comunicati stampa di trionfo, se solo fossimo in grado di metterci sugli attenti, invece che mettere la morte in mostra, dovremmo concedere loro l’onore delle armi, offrire loro un sudario.

Sempre hanno saputo morire i nemici. E tutti quei corpi, fatti poltiglia dalla macelleria della rappresaglia, nel film della nostra epoca diventano tutti uguali: Benito Mussolini, Che Guevara, Gesù Cristo, Salvatore Giuliano. E con loro, anche i nemici morti ma fatti assenti, tutti uguali: da Osama bin Laden a Rudolph Hess. Fatti fantasmi per dare enfasi al feticcio, come quel Gheddafi armato e disperato che nel suo combattere e urlare, simile a un selvaggio benedetto dal coraggio e dalla rabbiosa generosità, mette a nudo la nostra menzogna.

A ogni pozza di sangue corrisponde l’onta della nostra vergogna e un Pupo che parla a Radio Uno e annunzia “una notizia meravigliosa” e si rallegra di Muammar Gheddafi, morto assassinato, è solo uno che si trova a passare e molla un calcio al morto. Pupo è come quello che sabato scorso, dalle parti di San Giovanni, vede la Madonnina sfasciata appoggiata a un muro e non sapendo che fare le dà un’altra pestata, non si sa mai. Così come il black bloc, anche Pupo, è una comparsa chiamata a raccolta nella montante marea del nostro essere solo canaglie. La signora Lorenza Lei, direttore generale della Rai, dovrebbe cacciarlo lontano dai microfoni della radio di stato uno così ma siccome il nostro vero brodo è la medietà maligna, figurarsi quanto può impressionare l’offesa al morto. Pupo, infatti, è l’eroe perfetto per il peggiore degli Inferi, l’Ade cui destinare quelli che non sanno darsi uno stile nel morire.

Di Pietrangelo Buttafuoco

giovedì 20 ottobre 2011

TESSERAMENTO 2011 Popolo della Libertà.


Lettera Aperta ai simpatizzanti


“Una nave in porto è sicura,
ma non è per questo
che è stata creata"

Il nostro territorio sta vivendo una delle sue peggiori crisi, una crisi che non è solo economica, ma principalmente sociale e culturale.
Nel nostro paese si avverte l’assenza di una visione, di un disegno futuro e futuristico, di un progetto che sia prima di tutto politico e sociale.
La crisi colpisce a volte anche le strutture associative e per primi i partiti.
La nostra antica terra dal greco sapore ha perso ogni senso di agorà, ogni spazio di confronto, ogni area di socialità.
In questo degrado, però, ci siamo accorti che esistono, anzi, sopravvivono entusiasmi, intelligenze, vivacità culturali e sociali, a volte sopite, altre nascoste, magari timide, ma ci sono.
Abbiamo deciso di riunire queste energie vive per farne una Comunità, un gruppo umano ed ideale, un organismo vivo e vigoroso, unito da un legame indissolubile.
La Comunità/Partito che vogliamo creare è la risposta all’apatia che avvolge il paese, l’ariete per distruggere quel muro di pessimismo che ormai ci circonda.
Siamo energia libera, siamo fiori che fioriscono nel deserto.
Abbiamo un grande sogno e senza di te sarà più difficile realizzarlo.
Che le stelle illuminino sempre il vostro cammino.

Antonello Voce
Responsabile Pdl pro tempore
Dirigente Provinciale Giovane Italia Crotone
Presidente Giovane Italia Scandale


mercoledì 12 ottobre 2011

La Giovane Italia da il via al tesseramento.



 











"Vogliamo essere i protagonisti del nuovo progetto di Angelino Alfano".
Comincia così il comunicato di Fabio Federico, presidente provinciale della Giovane Italia.
"Il mese di ottobre ci vedrà impegnati nella fase del tesseramento del partito, - continua Federico - non solo promuovendo l'adesione al Pdl ai nostri simpatizzanti, ma andando avanti a presentare le nostre battaglie e le nostre proposte ai cittadini, e proponendo loro di fare la tessera del nostro partito".
Federico è appena tornato da una due giorni romana, fatta di incontri ed approfondimenti politici con il ministro della Gioventù Giorgia Meloni e l'on Rampelli, leader e punto di riferimento della comunità politica di Crotone.
"Ho raccolto gli incitamenti di Giorgia Meloni, - dichiara inoltre il Presidente provinciale della Giovane Italia -  e siamo tornati a Crotone più carichi che mai. Vogliamo essere noi gli artefici del nuovo Pdl. Basta demandare agli altri le scelte e le decisioni inerenti al partito, agli altri lasciamo solo il gusto della polemica, noi ci vogliamo occupare di cose serie. Sono tante le adesioni che abbiamo raccolto fino ad oggi, ma siamo convinti di poter fare molto di più. Vogliamo portare il partito tra la gente, attuando una vera e proprio rivoluzione copernicana all'interno del partito. La politica, quella vera, quella a servizio dei cittadini, si fa per strada, non nei palazzi delle amministrazioni. E noi vogliamo semplicemente fare questo: un ritorno alle origini per ridare alla politica quel senso di purezza che oggi sembra perso nelle ombre del tempo".
Il movimento giovanile del Pdl, quindi, si organizza anche con il tesseramento in vista del prossimo congresso del partito.
"Nel coas del partito, - conclude Federico - noi vogliamo essere la stella polare della politica".